Tutte le false leggende su Nicola Zingaretti

Il successo logora chi ce l’ha. Potremmo adattare così questo vecchio adagio alla situazione attuale di Nicola Zingaretti, da poche ore eletto alla segreteria del Partito Democratico dopo l’ampio consenso ottenuto con le primarie del 3 marzo. Zingaretti ha battuto la concorrenza ed è diventato il numero uno di un partito che, nonostante le ultime difficoltà elettorali, ha sempre rappresentato una vasta comunità di cittadini. Tuttavia, subito dopo la sua elezione vari network – frequentati molto spesso da elettori del Movimento 5 Stelle, ma anche della Lega, o semplicemente da utenti del web molto ingenui – hanno rimesso in circolazione vecchie leggende metropolitane sull’attuale presidente della Regione Lazio, creando confusione sui social network.

Nicola Zingaretti bufale: la terza media

Innanzitutto, la notizia che sta circolando di più è quella di un Nicola Zingaretti che non avrebbe titoli di studio oltre alla terza media. Questo perché in diversi documenti ufficiali relativi al curriculum vitae del presidente della Regione Lazio si legge che è in possesso del titolo di «Scuola media superiore o equipollenti». La ‘scuola media superiore’, appunto, è diversa dalla ‘scuola media inferiore’. E non è vero che Zingaretti è stato sempre restìo nel parlare della sua formazione. Come ha avuto modo di verificare Open, ad esempio, il presidente della Regione Lazio ha frequentato l’Istituto Odontotecnico De Amicis di Roma, ottenendo il diploma di maturità. Anzi, si era anche iscritto all’università di Roma La Sapienza, senza tuttavia conseguire la laurea. Lo ha raccontato nel corso di un’intervista a Enrico Lucci che – suo coetaneo – frequentava la Sapienza negli stessi anni di Zingaretti. Dunque, la prima leggenda da sfatare è che Zingaretti sia un «politico con la terza media».

Nicola Zingaretti bufale: il coinvolgimento in Mafia Capitale

Altro tema chiave su Zingaretti è il suo coinvolgimento nelle indagini su Mafia Capitale e il mondo di mezzo. Qui l’argomento si fa più delicato, perché vengono stravolte – a uso e consumo dei complottisti – alcune notizie di cronaca risalenti a tre anni fa. Effettivamente, Nicola Zingaretti era stato iscritto nel registro degli indagati per due episodi di corruzione e per un caso di turbativa d’asta. L’iscrizione risaliva al 2016. Tuttavia, per quegli stessi fatti, il 5 ottobre 2016 dalla procura arrivò una richiesta di archiviazione, che successivamente fu accolta dal gip Flavia Costantini il 7 febbraio 2017. Sempre in un secondo momento, Zingaretti finì nuovamente sotto la lente dei magistrati – sempre nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale – per alcune sue dichiarazioni che, in un primo momento, sembrarono poco convincenti ai giudici. Ascoltato come testimone, infatti, Zingaretti aveva detto di non aver mai avuto contatti con i vari Buzzi e Gramazio in nessuna circostanza. Si rese necessario un ulteriore approfondimento che, tuttavia, i magistrati realizzarono chiedendo nuovamente l’archiviazione per Zingaretti. Su questa richiesta – come da prassi – è possibile che il giudice per le indagini preliminari si pronunci a favore, escludendo completamente Zingaretti da una vicenda che lo ha solo sfiorato in passato.

Nicola Zingaretti bufale: la diffusione di fake news in rete

Tuttavia, come spesso accade, quando si finisce nel registro degli indagati c’è un grande rumore mediatico che non viene mai compensato quando, poi, intervengono richieste o sentenze di archiviazione. È stato il caso di Zingaretti: è molto più facile in rete reperire articoli – alcuni publicati anche da blog di supporto agli attivisti del M5S – sulle indagini a carico di Zingaretti che sulle richieste di archiviazione in merito.

Inoltre, si sono sempre rincorse delle false informazioni su presunte architetture web per screditare i suoi avversari da parte dello stesso Zingaretti. Avvenne quando affrontò le elezioni regionali – la principale sfidante era Roberta Lombardi del M5S – e nel corso dell’ultimo dibattito tra candidati del Pd alla segreteria del partito. Nel primo caso, venne accusato di essere dietro al sito 24news24 che avrebbe pubblicato delle bufale sulla candidata pentastellata (in realtà, il sito non faceva altro che riportare indiscrezioni di stampa diffuse su altri giornali, compreso il Fatto Quotidiano). Roberta Lombardi lo affermò sulla base che i primi like alla pagina d’informazione fossero stati cliccati da due membri dello staff di Nicola Zingaretti, Pietro Giliberti e Giuseppe Mazzara. Ovviamente, non è bastato per provare questa corrispondenza con il presidente della Regione Lazio. Altro discorso sul presunto bot di Zingaretti durante il dibattito Sky tra i tre candidati alle primarie del Partito Democratico, Maurizio Martina e Roberto Giachetti. Come vi abbiamo raccontato anche noi, in quella circostanza non c’erano gli estremi per definire bot cinque account Twitter sospetti che hanno ripostato – per pochissime ore – lo stesso messaggio di propaganda in favore di Zingaretti.

FOTO: ANSA/ANGELO CARCONI

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