Le prime mosse di Zingaretti: Gentiloni presidente e prove di alleanza con Bonino e Pizzarotti

Rinnovamento e mediazione. Saranno queste le parole d’ordine che guideranno l’azione di Nicola Zingaretti, prossimo segretario del Partito Democratico. La sua mozione è piaciuta a gran parte dell’elettorato dem che, lo scorso 3 marzo, si è recato ai gazebo per scegliere la nuova guida del partito. Consensi per Zingaretti che oscillano tra il 65 e il 70% e la volontà di voltare pagina all’interno del partito.

Prime mosse Zingaretti: presidente Paolo Gentiloni

Il primo ruolo che il nuovo segretario sarà chiamato a decidere è quello della presidenza. Probabilmente quest’ultima – attualmente detenuta da Matteo Orfini – verrà ceduta all’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Un segno di apertura verso la parte moderata del Partito Democratico che pure aveva appoggiato il presidente della Regione Lazio in questa sua corsa elettorale.

Ma le novità non finiscono qui. Innanzitutto, Nicola Zingaretti avrà bisogno di un nuovo tesoriere del Partito democratico. Il ruolo ricoperto dal renziano Francesco Bonifazi, infatti, non lo convince. Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, infatti, Zingaretti potrebbe puntare su un ex bersaniano, Antonio Misiani, per cercare di risanare le casse di un partito che, attualmente, non ha un centesimo da spendere.

Le alleanze tra le prime mosse Zingaretti

Dopo la riorganizzazione dei quadri interni al Partito, ci sarà bisogno di coordinare l’azione politica in vista del primo vero banco di prova elettorale di Nicola Zingaretti: si tratta delle elezioni europee del maggio 2019, che verranno dopo le regionali in Basilicata, ma che rappresentano la vera sfida del nuovo segretario. Già partita la mediazione per le alleanze: se a sinistra c’è già chi guarda con interesse al progetto di Zingaretti, il presidente della Regione Lazio guarda anche ad altre forze politiche, come + Europa di Emma Bonino, i Verdi di Angelo Bonelli e il movimento civico di Federico Pizzarotti, primo banco di prova per una possibile alleanza con «chi ci sta» degli ex M5S o dei delusi pentastellati.

Poi ci saranno da preparare le liste per le elezioni europee, con apertura alla società civile. Il nome che Zingaretti vorrebbe spendere, in primis, è quello di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, in prima linea nelle battaglie che riguardano la sicurezza nelle carceri e il ruolo delle forze dell’ordine. Sarebbe un nome forte, che metterebbe d’accordo diverse porzioni di elettorato, dentro e fuori il Partito Democratico.

Altri nomi per i capilista sono quelli di Giuliano Pisapia, di Massimo Cacciari – che nei giorni scorsi si era detto favorevole a un’alleanza con il Movimento 5 Stelle -, di Carlo Calenda. La sinistra progressista, la classe intellettuale e il fronte repubblicano sotto le stesse insegne. Un obiettivo ambizioso da parte di Zingaretti che, tuttavia, è pronto a essere appoggiato dall’ampia base di consensi venuta fuori da queste primarie del Pd da 1,7 milioni di elettori.

FOTO ANSA/ANGELO CARCONI

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