Accoglienza migranti: così aumenteranno i costi e il business privato

Il cosiddetto “business dei migranti” è da sempre uno dei cardini della retorica del governo e, in particolare, della Lega. Ma i tanto contestati “affari” nella gestione del fenomeno migratorio, non sembrano destinati a diminuire, ma bensì ad aumentare come effetto collaterale del “Decreto sicurezza”. Lo rivela un report di Valori.it, testata on-line specializzata in finanza etica ed economia sostenibile. Abbandonato, almeno per i richiedenti asilo, il sistema di accoglienza diffuso gestito dai comuni (Sprar), che puntava sull’accoglienza e l’integrazione diffusa dei migranti su piccoli comuni, si torna ai grandi centri di accoglienza, un business ghiotto, sul quale si stanno lanciando molte aziende straniere.  E’ il caso, ad esempio, del gruppo ORS, azienda elvetica gestita controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclays. La multinazionale, che gestisce da anni centri di accoglienza in Svizzera, Austria e Germania, ha annunciato lo scorso 22 agosto il suo arrivo in Italia, una scelta dettata dal forte ridimensionamento dell’accoglienza diffusa in favore dei centri di accoglienza straordinaria (CAS) che ha fatto fiutare a molti l’affare.

Il dietrofront austriaco

Tutto ciò mentre a Vienna si cambia rotta: l’Austria ha infatti deciso di porre fine al business privato e tornare a una gestione pubblica dell’accoglienza migranti, anche per le storture e gli scandali che hanno visto protagonisti importanti player dell’accoglienza privata, come il gruppo ORS. La multinazionale è stata travolta dalle polemiche nel 2015 per la discussa amministrazione del centro rifugiati di Traiskirchen; il campo era arrivato ad ospitare ben 4600 persone, nonostante fosse progettato per una capienza di 1800, attirando così l’attenzione di importanti ONG come Amnesty International, allarmate per le condizioni delle persone ospitate. Una dinamica che, come sottolineato dal quotidiano americano USA Today, punta sull’ottimizzazione delle risorse e sembra ricordare direttamente il modello della carceri private americane.

Meno servizi, più profitto: così cambia l’accoglienza migranti

E nel caso dei contribuenti italiani, non si può far leva nemmeno sulla promessa del risparmio. Per centri che, sembrano sempre più ispirati al modello della detenzione, più che dell’accoglienza migranti, le previsioni sono di una lievitazione sostanziosa dei costi. Secondo l’Anci (l’Associazione Nazionale dei Comuni italiani) nei nuovi mega-centri si spenderanno circa 14 mila euro per migrante, più del doppio di quanto si spendeva con il sistema di accoglienza diffuso, ovvero 6300 euro. A fare la differenza, secondo il report dell’ANCI, sarebbero proprio i tempi medi di permanenza. I richiedenti asilo restano mediamente nei CAS da un anno e mezzo ai due anni, contro i 6 mesi di media dello Sprar, l’accoglienza diffusa gestita dai comuni. I profitti dei privati inoltre, saranno accresciuti dal taglio dei servizi di alfabetizzazione e integrazione. Un meccanismo che tenderà ancora a favorire veri e propri ghetti e aumentare il meccanismo delle “guerre fra poveri”, per il vantaggio di pochi e lo svantaggio di molti. Un concetto davvero curioso di “sicurezza”.

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