Autostrade: «Il governo ci usa come un bancomat». E compra le aree nella zona rossa di Genova

28/12/2018 di Enzo Boldi

La demolizione e la successiva ricostruzione del Ponte Morandi sta diventando una vera e propria partita a scacchi. Da una parte il governo che – come comunicato già pochi giorni dopo il crollo del Viadotto Polcevera di Genova – aveva dato il proprio aut aut su chi sicuramente non avrebbe partecipato ai lavori per la ricostruzione; dall’altra Autostrade per l’Italia, la concessionaria di quel tratto stradale, che ora passa al contrattacco acquistando le aree strategiche della cosiddetta zona rossa.

Una mossa da 20 milioni di euro, cifra spesa da Autostrade per acquisire i capannoni di sei aziende che avevano i propri capannoni all’interno della zona rossa, posta sotto quel che resta ancora in piedi del Ponte Morandi e dove sono sorti i cantieri per i lavori di demolizione del Viadotto. I terreni acquistati da Autostrade sono quelli di Ferrometal, Lamparelli, Grabarino, Acremoni, Varani, Venturi. In molti hanno visto questa acquisizione come una presa di posizione contro il governo e un bastone tra le ruote – che potrebbe tornare utile alla società concessionaria – in sede legale durante il processo.

Autostrade è diventata il bancomat del governo

Infatti, la società Autostrade non ci sta a esser stata tenuta fuori dai piani per la ricostruzione del Ponte Morandi e passa al contrattacco del governo. L’accusa è quella di esser stati trattati come un «bancomat» solo per prelevare i soldi necessari per la demolizione e la ricostruzione, senza esser mai stati chiamati in causa per tutto quello che riguarda il piano futuro di quel che sorgerà al posto del Viadotto Polcevera. Il tutto si è tradotto in un ricorso di 40 pagine consegnato al Tar.

Il ricorso al Tar, i diritti europei e la Costituzione

Una mossa che, come riporta La Stampa, non è stata fatta per rallentare l’iter di ricostruzione del nuovo Ponte, ma per «tutelare diritti e interessi anche patrimoniali» di Autostrade, dei propri lavoratori e soci. La critica è al governo che ha estromesso l’azienda da qualsiasi tavolo di lavoro «in assenza di qualsiasi accertamento di responsabilità, intenti palesemente sanzionatori, resi ancor più evidenti dalle molteplici esternazioni di esponenti governativi». Un ricorso al Tar che si basa sulla Costituzione e sul diritto della Ue che «non consentono, relativamente al crollo del ponte come a qualunque altro accadimento, di individuare una responsabilità per legge e di stabilire, sempre per legge, gli effetti conseguenti» prima della chiusura di un processo che stabilirà le responsabilità di quanto accaduto lo scorso 14 agosto.

(foto di copertina: ANSA/UFFICIO STAMPA COMUNE DI GENOVA)

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