Ho abortito e sto benissimo: un nuovo modo per parlare di interruzione di gravidanza

«L’aborto è un’esperienza di vita, e le donne devono sentirsi al sicuro di parlarne liberamente». Questo è il concetto dietro al blog nato pochi mesi fa “IVG – Ho abortito e sto benissimo” fondato da Federica Di Martino, psicologa e psicoterapeuta, ed Elisabetta Canitano, ginecologa della Onlus Vita di Donna. Un’iniziativa nata in Francia ora arrivata nel nostro Paese, dove «ancora vige lo stigma dell’esperienza traumatica e dell’obbligo di vergogna». Giornalettismo ne ha parlato con Federica.

«Ho abortito e sto benissimo», le esperienze individuali e soggettive

Parlare di aborto è sempre controverso, ma c’è una costante: il senso di colpa. Una donna che decide di interrompere volontariamente una gravidanza può avere migliaia di ragioni, tutte ugualmente dignitose e degne di essere rispettate. Purtroppo però, aver compiuto questa scelta diventa una lettera scarlatta. «L’aborto è un’esperienza soggettiva» spiega Federica Di Martino, una delle due donne dietro al blog  “IVG – Ho abortito e sto benissimo”, «puoi stare bene o stare male, ma è fondamentale che una donna possa sentirsi libera di parlare della sua esperienza». L’interruzione volontaria di gravidanza viene spesso descritta come una tragedia da cui non è possibile riprendersi, di fatto spaventando tutte quelle donne che decidono, o pensano, di ricorrervi. «Questa è una deriva del patriarcato, un’arretratezza che è necessario superare» continua Federica, spiegando che IVG è uno spazio dove le donne possono dire senza paura «ho abortito e sto bene».  «Il trauma postabortivo non è assolutamente provato scientificamente, anzi» spiega Federica, aggiungendo che con l’iniziativa IVG «vogliamo rivendicare una scelta che è individuale, così come è individuale il modo in cui viene rielaborata». Il gruppo vuole difendere quelle donne che non si sentono in colpa e non si vergognano di non essere diventate madri, perché a loro spesso non viene data voce ma solo l’etichetta di “superficiale”. Trattandosi di un’esperienza soggettiva,  lo spettro di emozioni da prendere in considerazione è molto ampio, e pieno di sfumature. Ciò che conta è l’autodeterminazione: alla libertà di esercitare un diritto sul proprio corpo deve corrispondere quella di provare emozioni spontanee e reali.

I racconti delle donne e gli attacchi: «Sono a favore della 194 ma..»

In pochi mesi dall’apertura del blog e della pagina Facebook, Federica ed Elisabetta hanno ricevuto moltissime testimonianze di donne che le hanno ringraziate: «In tante ci hanno scritto raccontandoci il loro percorso, ed evidenziando che l’aborto è una scelta consapevole che va difesa». Se la reazione è stata sopratutto positiva e costruttiva, non sono mancate le critiche. «C’è chi ci ha scritto che siamo delle irresponsabili e che pubblicizziamo l’aborto» racconta Federica, «e in fondo ce lo aspettavamo. Ciò che ci preoccupa davvero sono le critiche che cominciano con frasi come “io sono a favore della 194 ma..”». Leggendo i commenti che arrivano sia sul blog che su Facebook, Federica racconta che nell’immaginario comune «viene difeso il diritto di abortire, ma a patto che dopo ci si senta depresse, infelici, traumatizzate. E chi l’ha detto che deve per forza andare così?». Questo secondo Federica è dovuto al fatto che «in Italia la maternità è il marchio di fabbrica di una donna: se non vuoi essere madre, allora non sei una donna. È ora che questo finisca». C’è anche chi, sebbene sia il 2018, continua a vedere la difesa dell’aborto come una giustificazione “contraccettiva”. «Sono due pratiche non ha senso mettere a confronto» risponde Federica «sono critiche che non hanno senso di esistere. Ogni donna, in base alle necessità , ricorre a una o all’altra cosa, liberamente e consapevolmente».

L’aborto e il ruolo degli uomini

«Molte delle critiche sono arrivate da uomini, come era prevedibile, perché non sono protagonisti di queste esperienze» dice Federica, che però non esclude, ma anzi si augura, che forse qualcosa stia cambiando anche sul versante maschile, grazie anche ad alcune delle testimonianze raccolte. Una in particolare sottolinea proprio questo aspetto: Alessandra ha raccontato di aver deciso di abortire perché rimasta incinta all’inizio di una relazione, per di più a distanza. Dopo averne parlato a lungo con il partner, ha deciso di interrompere la gravidanza non cercata. Una decisione presa con la dovuta serietà, che si è rivelata un’occasione per scoprire che la persona al suo fianco era sorprendentemente sensibile: «lui mi dice una cosa per riassumere il senso di tutto quello che ci siamo detti: “Se lo vuoi tenere, lo teniamo. Se non lo vuoi tenere, non lo teniamo. Decidi tu…nel senso, ne parliamo quanto vuoi, ma la decisione finale resta tua”. E lì ho capito che tipo di uomo fosse». Molte donne hanno raccontato al blog che i loro uomini hanno rispettato la scelta di abortire, accompagnandole e standogli accanto senza giudicarle né per la decisione presa né per come l’hanno rielaborata. «In Italia il ruolo dell’uomo sulla tematica dell’aborto è ancora in piena discussione» dice Federica mentre commentiamo la lettera di un ragazzo spedita a Concita De Gregorio e pubblicata su “Invece Concita”. «A parte le vicende che descrive, quel ragazzo pretende di avere una libertà di decisione che a noi donne ancora non è garantita. Se gli uomini vogliono sentirsi liberi di parlare di aborto ben venga, ma prima dobbiamo guadagnarci noi la nostra libertà. Bisogna smetterla di pretendere che chi abortisce si debba vergognare, che debba attraversare le pene dell’inferno. Se questo accadrà, allora poi il discorso potrà essere ampliato per davvero».

194 is the new black

Negli ultimi mesi il tema dell’aborto è ritornato in auge, complici molti consigli comunali che hanno presentato mozioni pro vita: una su tutte Verona, dove il movimento «non una di meno» ha dato vita a un tam tam di rilievo nazionale per difendere la legge 194, che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all’aborto nel nostro Paese. «Parlare di aborto è sempre attuale» continua Federica «in un certo senso “194 is the new black”». Questo perché difendere il diritto di abortire in libertà e anche serenamente è un tema transgenerazionale, crea un fronte compatto a prescindere dall’età, dal colore della pelle, dalla provenienza o dalle opinioni politiche». «La nostra iniziativa non è provocatoria, come in tanti hanno pensato soffermandosi solo sul titolo del nostro blog» conclude Federica, «il nostro è un messaggio semplice: dobbiamo essere libere di abortire e  di vivere l’esperienza nel modo che più ci rispecchia. E sopratutto, dall’aborto ci si riprende e si vive serenamente lo stesso».

(Credits immagine di copertina: immagini pubblicate da IVG su Facebook

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