Il nuovo ponte a Genova sarà costruito da Salini Impregilo con Fincantieri e Italferr

18/12/2018 di Redazione

Il nuovo ponte a Genova, che prenderà il posto del viadotto Morandi crollato il 14 agosto scorso, sarà costruito, su progetto basato sull’idea dell’archistar Renzo Piano, da Salini-Fincantieri-Italferr. Ad anticiparlo è stata l’Ansa nel primo pomeriggio citando fonti vicine alla struttura commissariale, guidata dal sindaco della città ligure Marco Bucci.

I costruttori del nuovo ponte a Genova: tre imprese italiane

Dunque, il nuovo ponte sul Polcevera a Genova sarà costruito da un raggruppamento di imprese, da Salini Impregilo insieme con Fincantieri e Italferr. Il progetto sarà eseguito da Italferr sull’idea dell’architetto genovese Renzo Piano. L’inaugurazione del ponte dovrebbe arrivare nei primi mesi del 2020. La gara che era diventata un testa a testa con il gruppo Cimolai di Pordenone. L’azienda friulana aveva presentato quattro progetti, tre dei quali firmati dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava.

La road map: lavori dal 31 marzo e inaugurazione a inizio 2020

Secondo le previsioni del sindaco e commissario Bucci, la ricostruzione dovrebbe partire il 31 marzo, con la demolizione ancora in corso. Il cantiere per la demolizione è stato aperto sabato scorso, 15 dicembre, e vede impegnate cinque ditte (Fagioli, Omini, Vernazza, Ipeprogetti e Ireos) e la commessa ha un valore di 19 milioni di euro. Il nuovo ponte costerà circa 200 milioni di euro. Il tempo di realizzazione è stimato in circa un anno ma il commissario spera di vederlo in piedi entro la fine del 2019.

«Il 2019 per Genova – ha detto in mattinata il governatore della Liguria Giovanni Toti in una video intervista – sarà un anno impegnativo, il crollo del ponte Morandi è stato un evento epocale per la nostra nazione, ma abbiamo reagito e l’anno prossimo sarà un ‘anno da costruttori‘ a Genova e in Liguria». Oltre alla ricostruzione del ponte Morandi il presidente della Regione ha indicato come priorità un’accelerazione dei cantieri dell’alta velocità ferroviaria Genova-Milano: «Il Terzo Valico – ha affermato – ci consentirà di avere treni sempre più competitivi, è notizia di queste ore lo sblocco definitivo degli stanziamenti per finire l’opera, un’infrastruttura che rientra nel piano di sostenibilità e di sviluppo economico della nostra Regione».

Intanto continua il confronto sulle cause del crollo del ponte Morandi. Secondo i periti di Autostrade per l’Italia gli stralli non furono la causa. Oggi Giuseppe Mancini, coordinatore dei periti di Autostrade per l’Italia, in una nota ha fatto sapere: «In attesa del completamento delle prove, vorrei sottolineare che quanto finora emerso dalle analisi di Zurigo sembrerebbe confermare che il cedimento degli stralli non sia la causa primaria del crollo del Ponte, come ho dichiarato più volte». Mancini parla di «diverse interpretazioni pubblicate dalla stampa sui primi esiti delle analisi effettuate, e non ancora completate», dal laboratorio Empa di Zurigo su reperti del ponte.

Mancini, che è docente di Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Torino, afferma inoltre: «È stato scritto che dalle analisi di Zurigo emergerebbe una corrosione media del 50% dei fili che formavano gli stralli e di guaine metalliche mancanti in molti punti dei cavi. Basandomi su alcuni elementi oggettivi e di natura documentale, vorrei provare a fare chiarezza su entrambi questi temi. Innanzitutto va sottolineato che gli esiti di Zurigo, ancorché provvisori e a uno stadio intermedio (su un totale di 3248 fili sono stati osservati e classificati per classi di resistenza solo 2383 fili) evidenziano la piena tenuta statica del Ponte: infatti, interpretando quanto riportato nella nota del laboratorio di Zurigo, con una corrosione media del 50% della totalità della sezione resistente dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente, tale da non poterne causare la rottura. Sarebbero inoltre stati presenti fenomeni deformativi progressivi, visibili nel tempo da qualsiasi utente autostradale. Questo dato di fatto è stato confermato anche da ricostruzioni indipendenti di autorevoli esperti, che si sono espressi negli scorsi giorni in sede accademica».

Poi, per quanto riguarda «la mancanza di guaine sui cavi» il coordinatore dei periti ha affermato che «un rapporto di monitoraggio di Spea del 2016, effettuato mediante carotaggi sugli stralli delle Pile 9 e 10, ha evidenziato la presenza delle guaine in tutte le prove diagnostiche effettuate. I reperti di Pila 9 sezionati dopo il crollo hanno dimostrato che la guaina era presente anche nei cavi primari (tranne che, come da progetto di costruzione, nella zona in corrispondenza dell’antenna). È comprovato dunque che le guaine ci fossero e svolgessero regolarmente la funzione di contenimento della matrice cementizia di avvolgimento dei singoli trefoli».

(Foto di copertina da archivio Ansa)

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