Yara, il dna di «Ignoto 1» è quello di Massimo Bossetti

23/11/2018 di Enzo Boldi

Massimo Bossetti è colpevole perché l’unico dna riscontrato sul corpo e sugli indumenti della giovane Yara Gambirasio era il suo. Con queste motivazioni la corte di Cassazione ha confermato – il 12 ottobre scorso – la condanna all’ergastolo il muratore di Mapello, in carcere per l’omicidio della 13enne di Brembate di Sopra (Bergamo). Le analisi effettuate e ripetute sui reperti, infatti, hanno evidenziato come le tracce genetiche ritrovate sul corpo della vittima, hanno ricondotto «Ignoto 1» al profilo di Bossetti.

«Le numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori hanno messo in evidenza la piena coincidenza identificativa tra il profilo genetico di ‘Ignoto 1’, rinvenuto sulle mutandine della vittima, e quello dell’imputato», è scritto nel testo delle motivazioni della sentenza della corte di Cassazione, arrivata lo scorso 12 ottobre. Improbabile, dunque, le mozioni della difesa di Massimo Bossetti, che sostenevano come le tracce biologiche riscontrate non potessero essere ricondotte alla figura del loro assistito. La Corte ha definito tutto ciò come una mera «tesi complottista», priva di qualsiasi crisma di probabilità.

Massimo Bossetti è «Ignoto 1»

Nelle 150 pagine del testo della sentenza si evidenziato che «la probabilità di errore è di 1 su 20 miliardi (superiore a tutta la popolazione, viva e morta, transitata sulla Terra dalla comparsa dell’uomo), salvo che l’imputato abbia un fratello gemello monozigote (in questo caso il dna è identico), circostanza però non dedotta ed esclusa da tutti i protagonisti della vicenda».

Yara stordita prima di essere portata nel campo di Chignolo d’Isola

Si ricostruisce anche cosa accaduto quella sera del 26 novembre 2010. Secondo la Cassazione, Bossetti «dopo aver prelevato la ragazza e averla stordita, l’ha trasportata nel campo di Chignolo d’Isola. I tempi del prelevamento della vittima, del suo trasbordo sul campo di Chignolo e del ritorno a casa dell’imputato sono stati giudicati compatibili con il rilevato orario di rientro a casa alle ore 20-20.15, come si desume dalle dichiarazioni del coniuge. L’assenza di alibi, si coordina perfettamente con gli elementi indiziari emersi costituiti dalla compatibilità con l’orario di ritorno a casa di Massimo Giuseppe Bossetti e il tempo necessario per eseguire l’aggressione e commettere l’omicidio nel campo di Chignolo».

(foto di copertina: ANSA/ UFFICIO STAMPA POLIZIA)

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