Laura Castelli e i soldi degli italiani che devono dare una mano al progetto

11/10/2018 di Redazione

Ieri Laura Castelli a Porta a Porta ha dichiarato: «Non si può andare avanti a chiedere unicamente alle banche di sostenere il paese: il cittadino si deve ritenere parte del progetto e dobbiamo chiedergli di crederci. Questa è la nostra visione. Lo stesso vale per i fondi di investimento».  Cosa significa la frase del sottosegretario all’Economia?

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Significa che gli italiani dovranno dare una mano. Già, ma come? Siamo (per ora) lontani a quello che fu il red button di Giuliano Amato nel 1992. Quando, nella notte nera della lira, si pensò a un prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani.

Ci sono alcune ipotesi in campo la prima è detta Cir: ovvero conti individuali di risparmio di nostalgica memoria. Insomma un ritorno dei Bot people, ovvero gli italiani che preferivano investire in BoT piuttosto che in qualunque altro strumento finanziario. Certo, anni fa c’erano rendimenti alti. Oggi non ha molto senso. L’ipotesi è abbastanza rischiosa, dato che – come sottolinea oggi Greco su Repubblica – l’ammontare dei Cir si stima intorno ai 15 miliardi di euro, ben sotto la cifra che cerca oggi il Tesoro. Tesoro che «con un debito pubblico quotato sui 1.800 miliardi, ogni mese è costretto a bandire aste per circa 35 miliardi». Secondo le indiscrezioni di Repubblica i Cir, che sono un investimento agevolato in titoli di Stato, sarà riservato a persone residenti in Italia, nel limite di 3mila euro annui e 90mila euro totali. Il loro rendimento, a scadenza, non sarebbe imponibile  e sarebbero inoltre deducibile al 23%, oltre che esenti da imposte di donazione, successione e pignoramenti e sequestri. Questo strumento  (simile ai Pir, ovvero gli investimenti per le pmi, lanciati dall’ultimo governo di centrosinistra) rischia di collidere, proprio per le agevolazioni fiscali, con le normative Ue.

C’è poi una seconda opzione. La spiega Mario Seminerio sul suo blog, citando le ultime parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini. «La forza dell’Italia – ha spiegato ieri il titolare del Viminale – che nessun altro degli amici seduti al tavolo oggi ha, né i francesi, né gli spagnoli, è un risparmio privato che non ha eguali al mondo. Per il momento è silenzioso e viene investito in titoli stranieri. Io sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano». Riporta Seminerio:

Che intende dire, Salvini? Pensa ad una forma di repressione finanziaria che imponga di investire nel debito pubblico italiano, che ovviamente potrebbe realizzarsi solo con controlli sui capitali? Oppure, più blandamente, è stato convinto da qualcuno a comprarsi la fontana di Trevi dei Cir, i conti di risparmio individuali, che sono in gestazione come canale di finanziamento ad investimenti pubblici infrastrutturali, e che in questa forma sarebbero fortemente illiquidi e di certo non fungibili coi Btp?

L’impressione è che la strada che Salvini (e non solo lui) ha in mente sia la prima. Obbligo di investimento in debito italiano. Ovviamente, ove mai si arrivasse a questo punto, avremmo l’immediata evaporazione degli investimenti esteri in Italia, partendo da quelli di portafoglio e proseguendo con quelli diretti. Quindi, il consiglio non richiesto che mi sentirei di dare è Salvini è di non fare affidamento su questa meravigliosa idea.

Vediamo nelle prossime ora cosa intende fare il governo giallo-verde in merito agli italiani che devono aiutare la manovra del popolo. Per ora le idee sembrano poco chiare e non molto tranquillizzanti.

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