Basta un «po’ di deficit» per diventare come gli altri

19/09/2018 di Enzo Boldi

Cambiare tutto affinché nulla cambi. Le parole di Luigi Di Maio hanno messo in luce la particolare abilità degli esponenti della maggioranza di fare proclami per poi correre in ritirata. E diventare come gli altri. La ricetta proposta dal ministro dello Sviluppo Economico ricalca alla perfezione la negazione di quel cambiamento che il Movimento 5 Stelle aveva promesso ai propri elettori: «Attingeremo un po’ dal deficit e faremo rientrare il debito in dopo l’anno, o al massimo dopo due». Un vecchio modo di fare che fa a cazzotti con la nuova Terza Repubblica.

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«Non possiamo aspettare 2 o 3 anni per mantenere le promesse. È per questo che si attinge un po’ di deficit per far rientrare il debito l’anno dopo o tra 2 anni – ha spiegato dalla Cina Luigi Di Maio. È questa la nostra intenzione, tenendo i conti, senza voler fare nessuna manovra distruttiva dell’economia». Il vicepremier è volato in Oriente per partecipare alla 17esima edizione della Western China International Fair, dove c’è anche un padiglione dedicato all’Italia che ospiterà 50 imprese nostrane.

Di Maio deficit pentastellato in nome della volontà del popolo

«Quello che vogliamo mettere al centro – ha spiegato il Vicepremier pentastellato – non è rassicurare i mercati ma migliorare la qualità della vita dei cittadini. Per questo ci siamo candidati e ci hanno eletto». Anche questo, già detto. Già fatto. E proprio queste promesse hanno reso sempre più languide le casse dello Stato Italiano, con le maggioranze e gli esecutivi che si sono susseguiti raccontando poi sempre il solito ritornello: «Ma è colpa dei governi precedenti».

Di Maio deficit, ma dove è finito il governo del cambiamento?

A furia di governi precedenti, ora è arrivato il momento del cambiamento. O forse no. La mossa di Luigi Di Maio non è affatto diversa da quella fatta negli anni dai precedenti esecutivi che, per portare a termine riforme, provvedimenti e manovre economiche varie, hanno «attinto» dal deficit, facendo salire esponenzialmente il debito pubblico italiano. Il governo del cambiamento sceglie, così, di non cambiare e di restare fedele a quell’istinto naturale da accumulatori seriali di debito che ha contraddistinto gli anni della cosiddetta Seconda Repubblica, ma anche della Prima. Proprio quelle che – a parole – sono state sempre contestate nei comizi elettorali e nella perpetua e assillante campagna elettorale che riempie social e giornali ogni giorno, scandita dalle parole di questi nuovi attori di una vecchia politica.

(foto di copertina: ANSA/ANGELO CARCONI)

 

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