Il documentario shock su Starbucks : «Ci fanno lavorare come robot»

“Starbucks senza filtro, dietro le quinte del caffè”: è il titolo del documentario realizzato in Svizzera che probabilmente solleverà polemiche sul colosso delle caffetterie statunitensi. I 350mila dipendenti sparsi per tutto il mondo vengono trattati come azionisti e sono costantemente con il fiato sul collo. Il ritratto che ne emerge è ben diverso dall’immagine che l’azienda di Seattle ha promosso meglio ultimi anni.

Documentario shock su Starbucks, «dobbiamo lavorare come dei robot»

Una sorta di indagine sotto copertura. Utilizzando una microcamera nascosta, gli autori del documentario sono riusciti a entrare dietro le quinte di ciò che accade negli Starbucks sparsi nel mondo, precisamente in uno di Parigi. Lì hanno registrato il colloquio tra un nuovo dipendente appena assunto e il direttore della caffetteria, mentre questo lo istruiva sul lavoro da svolgere, dove ammette candidamente: «Dobbiamo servire il cliente in meno di 3 minuti. Dobbiamo essere un po’ come dei robot». Starbucks insomma tratterebbe i suoi dipendenti in maniera in-umana, entrando così nello scandalo delle grandi catene che sfruttano la manodopera che aveva recentemente colpito anche un altra grande multinazionale, Amazon.

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Documentario shock su Starbucks, la testimonianza di un ex dipendente

All’interno del reportage realizzato dalla televisione pubblica svizzera viene riportata anche un’intervista con un ex dipendente, Jaime Prater, che ha lavorato in una delle caffetterie del sud della California. L’uomo prima di abbandonare il lavoro aveva denunciato la pressione a cui lui e i colleghi erano sottoposti, inviando una lettera sottoscritta da 9000 dipendenti al vertice del gruppo. L’azienda guidata fino a poco tempo fa da Howard Schultz infatti tratta i suoi dipendenti come azionisti: questo significa che «quotidianamente ogni responsabile dei 28 mila locali della catena, deve confrontare la cifra d’affari, con quella del medesimo giorno di 12 mesi prima». Un incarico di responsabilità e pressione che si aggiunge ai ritmi serrati in negozio. In più, ai dipendenti-azionisti è richiesto anche di svolgere le pulizie del locale, «un’attività che da sola comporta l’impiego di un terzo del tempo del personale».

Documentario shock su Starbucks, l’immagine contraddittoria

Lo scenario descritto all’interno del documentario svizzero porta una nuova luce su Starbucks. Lo conferma anche Jaime Porter che spiega come l’immagine pubblica dell’azienda crei una sorta di «illusione ottica», frutto di un’attenta strategia di marketing. «Tu siedi in uno Starbucks, davanti al tuo Mac, e sei l’immagine della riuscita sociale» racconta l’ex dipendente. Una riuscita sociale che però è puramente estetica e, in un certo senso, propagandistica. Recentemente Starbucks si era fatta notare internazionalmente come una multinazionale impegnata nella difesa dei diritti dei gay e della comunità LGBT ( nel lontano 2010 introdusse i bagni senza distinzione di genere e si è schierato contro la difesa del mariane act nel 2011) e al fianco dei migranti, promuovendo l’assunzione dei rifugiati come risposta alla politica di Trump. Starbucks si era prodigata anche a difesa dell’ambiente, eliminando le cannucce di plastica entro il 2020.  Una mossa che rivela una finta anima ecologista del colosso visto che dal documentario emerge come «continui a vendere ogni anno 4 miliardi di tazzine non biodegradabili».

(Credit Immagine di copertina: © TPG via ZUMA Press)

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