Non solo Casamonica, gli affari romani di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra

L’ultima relazione del Ministero dell’Interno sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia, presentata ieri e relativa al secondo semestre del 2017, conferma l’intensa attività e i diversi interessi della grande criminalità organizzata a Roma e nel resto del Lazio. Il clan Casamonica, due giorni fa colpito da una maxi operazione dei carabinieri con 37 ordinanze di custodia cautelare emesse, ha catturato molta attenzione dei media, ma nella Capitale – emerge dal rapporto della Dia – restano numerosi i clan e le famiglie di Cosa Nostra, ‘ndrangheta o camorra (originari dunque di Sicilia, Calabria e Campania) che macinano profitti attraverso estorsioni, traffici illeciti o infiltrazioni nell’economia pulita.

Cosa Nostra

Per quanto riguarda la mafia siciliana, anche nel territorio laziale, così come per le regioni settentrionali, è stata riscontrata una strategia di operare adottando una politica criminale di basso profilo, dove i clan sono impegnati soprattutto a inserirsi nel tessuto sociale e imprenditoriale attraverso una grande quantità di liquidità. Le mire imprenditoriali di Cosa Nostra – si legge nella relazione – investono in primis Roma, il suo hinterland, il litorale ed il Sud Pontino, risultando funzionali al riciclaggio di capitali. I settori di maggiore interesse per la grande criminalità organizzata siciliana sono quelli dell’edilizia, della ristorazione, delle sale da gioco e dell’agroalimentare. Quest’ultimo settore «rappresenta uno dei business di riferimento delle consorterie, le quali, specie nel menzionato Sud Pontino, hanno intessuto una solida rete di relazioni, funzionali al controllo delle attività commerciali e dei trasporti, anche coinvolgendo mediatori e professionisti del settore».

Più nel dettaglio, il lavoro della Dia nel secondo semestre dello scorso anno ha fatto emergere le mire di un sodalizio criminale, legato alla famiglia gelese Rinzivillo, il cui reggente, da tempo residente nella Capitale, era riuscito a realizzare un rilevante commercio di prodotti ittici importati dal Marocco. I prodotti, imposti in regime di monopolio in Sicilia, sono stati commercializzati anche a Roma, e in Germania. La Dia parla di «rapporto sinallagmatico» tra gli imprenditori coinvolti nel commercio e il gruppo criminale, sia per l’espansione nel mercato, sia per limitare la concorrenza.

 

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‘Ndrangheta

Anche le ‘ndrine calabresi non hanno perso terreno, in costante contatto con la loro terra di origine. A Roma si rileva l’operatività di sodalizi legati ai Mancuso, attivi nell’acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, allo scopo di riciclare capitali nei settori della ristorazione e delle acquisizioni immobiliari. Le investigazioni concluse negli anni hanno testimoniato la presenza delle cosche crotonesi Arena e reggine Bellocco, Piromalli e Molè, e la Mazzagatti-Polimenti-Bonarrigo di Oppido Mamertina, nell’area di Spinaceto e Tor de’ Cenci, impegnate nel traffico di droga e nel riciclaggio. Invece soggetti legati ai Pelle, Pizzata e Strangio e ai Muto di Cetraro, in provincia di Cosenza, sono risultati, invece, specializzati nell’usura, nelle estorsioni, nelle rapine, nel traffico di stupefacenti e di armi. Questi gruppi si sono avvalsi anche del supporto di pregiudicati romani, e a loro si affiancano inoltre le famiglie Ferrentino-Chindamo e Lamari di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria.

Più lontano dalla Capitale poi, nel Basso Lazio, si registra l’operatività ancora dei Piromalli, originari di Gioia Tauro. Sul litorale di Anzio e Nettuno agiscono le cosche di Guardavalle, in provincia di Catanzaro, in sinergia con esponenti delle famiglie Romagnoli. Ad Aprilia, in provincia di Latina, sono state rilevate presenze degli Alvaro, a Fondi dei Bellocco, dei Larosa-Garruzzo e dei Tripodi. Nel Viterbese, infine, è stata rilevata la presenza di famiglie vibonesi Bonavota, reggine Mammoliti, Romeo, Nucera e Pelle, e della locale di Gallicianò.

Camorra

Non mancano a Roma le infiltrazioni dei clan camorristici, più vicini geograficamente. I vertici di alcuni gruppi si sarebbero anche trasferiti nella Capitale. È il caso dei Pagnozzi e dei Senese. In altre zone, come nel Frusinate e nella provincia di Latina, sono presenti i Casalesi. L’obiettivo è di riciclare denaro sporco e di far confluire parte delle enormi quantità di stupefacenti importate nelle zone di origine. Negli anni nel Lazio è stata accertata – elenca la Dia – l’operatività dei clan Di Lauro, Giuliano, Polverino, Licciardi, Contini, Mariano, Moccia, Mallardo, Gallo, Gionta, Anastasio, Zaza, Schiavone, Noviello, Zagaria, Belforte e Bardellino. Fuori regione – spiega ancora il rapporto – i clan della camorra mantengono un basso profilo, ma non sono mancati episodi cruenti di intimidazioni, verificatisi soprattutto nel Sud Pontino, e riconducibili soprattutto a contrasti originati nelle zone di origine.

(Foto di copertina: un momento del blitz. Credit immagine: ANSA / UFFICIO STAMPA COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI ROMA)

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