L’iniziativa di una singola realtà contro jack “maschio” e “femmina” nei cavi audio non è automaticamente rivolta

Parlare di rivolta contro il sessismo dei cavi audio sembra esagerato alla luce dell'iniziativa che comprende anche la questione dei termini jack maschio e femmina

11/07/2021 di Ilaria Roncone

Qualunque iniziativa che miri all’inclusione nel linguaggio e in tutti gli altri ambiti della vita va celebrata. E merita una riflessione. Ultimamente, però, soprattutto dopo il BLM e l’emergere di alcune specifiche rispetto a linguaggi e valori di un passato che ora non rispecchia più quello che siamo – si veda l’inserimento di messaggi in tal seno all’inizio di alcuni classici Disney – si è iniziato a parlare di cancel culture. La storia della rivolta contro jack “maschio” e “femmina” nel linguaggio dei cavi audio – arrivando a parlare di «sessismo dei cavi audio» e di una «rivolta» in questo contesto rischia di generare inutili polemiche.

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Una singola iniziativa su jack maschio e femmina non fa una rivolta

La notizia arriva da oltreoceano, dove l’associazione americana di produttori di materiale audio (PAMA) ha annunciato che vuole lavorare per fronteggiare una serie di problemi di linguaggio e terminologia obsoleti. A partire dal linguaggio dei jack, di certo non noto per essere neutro dato che esistono il cavo “maschio” – quello che si inserisce – e il cavo “femmina” – quello che riceve -, con un palese richiamo alla fisicità umana.

Tramite comunicato PAMA ha deciso di comunicare che affronterà «problemi di linguaggio e terminologia obsoleti, identificati come sempre più scoraggianti rispetto allo spirito di inclusione». La decisione è frutto di un questionario distribuito presso i dipendenti che fanno parte delle varie aziende legate all’associazione e il risultato è che l’inclusione, per queste persone, passa anche dall’utilizzo di un linguaggio diverso da quello attuale.

Questo non vuol dire che la scelta sarà imposta

Né imposta né – almeno per ora – condivisa da altri produttori di materiale audio. Ed è tutto qui. Ha poco senso usare termini come rivolta o simili per fare titoli che attirino l’attenzione quando, alla fine dei conti, si tratta semplicemente della pacifica scelta di andare oltre espressioni che alludano al maschio e alla femmina e ai loro organi genitali. Si tratta di una «implementazione di una terminologia unificata in tutto il settore, nello spirito di inclusività e coerenza. È una questione di vicendevole rispetto», ha riferito il presidente del consiglio di amministrazione dell’associazione e membro del comitato per l’inclusione Karam Kaul.

PAMA ha voluto creare un elenco aperto di nuovi termini più inclusivi che si potrebbero utilizzare nell’industria audio al quale potrà contribuire chiunque voglia farlo con lo scopo, grazie al contributo dei professionisti del settore, di introdurre piano piano un linguaggio più neutrale nell’industria dell’audio. Insomma, parlare di «rivolta dei cavi audio» sembra essere eccessivo anche alla luce del fatto che, nell’articolo stesso, viene sottolineato come alcuni professionisti del settore abbiano detto che è un piccolo passo rispetto al tanto lavoro che c’è da fare in questa industria per la parità.

*aggiornamento*

Arriva, puntuale, il tweet di Giorgia Meloni.

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