L’assurdità del Green Pass europeo che non riconosce le vaccinazioni donate all’Africa
Unione africana (AU) e i Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa CDC) hanno espresso preoccupazioni
30/06/2021 di Gianmichele Laino
L’iniziativa Covax era nata sotto i migliori auspici, sebbene con gli ovvi limiti quantitativi, legati alla sproporzione tra domanda e offerta. Ma era stata comunque uno spiraglio di luce per i Paesi africani che, grazie a questa iniziativa sostenuta – tra gli altri – anche dall’Unicef, hanno potuto ottenere dosi di vaccino anti coronavirus con anticipo rispetto ai tempi previsti. Oggi, però, Unione africana e Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie hanno espresso preoccupazione perché il sistema del Green Pass all’interno dell’Unione Europea sembra non riconoscere i vaccini Covax. Dunque, le persone che hanno ricevuto il vaccino a partire da questa iniziativa, sebbene con le stesse caratteristiche dei cittadini europei vaccinati, si vedono limitare il proprio diritto alla mobilità.
LEGGI ANCHE > La risposta sbagliata di Google alla domanda sull’autoisolamento Covid nel Regno Unito
Vaccini Covax non riconosciuti per il Green Pass
Il problema, ancora una volta, è di natura tecnica. Il sistema per il rilascio del Green Pass riconosce i vaccini prodotti in Europa (in modo particolare AstraZeneca che, essendo quello meno costoso, è stato scelto come fornitura primaria per l’iniziativa Covax che puntava a disporre del più vasto numero di somministrazioni per i contributi economici messi a disposizione dai 190 Paesi), ma non quelli prodotti fuori dall’Europa. Attenzione: non stiamo parlando di vaccini diversi, ma sempre della formula AstraZeneca. La differenza è che quelli prodotti in Europa, com’è noto, sono conosciuti con il marchio Vaxevria, mentre quelli prodotti in India hanno il marchio Covishield. L’EMA, tuttavia, a livello burocratico ha riconosciuto esclusivamente quelli a marchio Vaxevria.
L’EMA ha provato a dare una spiegazione: «Anche piccole differenze nelle condizioni di produzione – ha detto a proposito della differenza tra Vaxevria e Covishield – possono comportare differenze nel prodotto finale, e la legislazione dell’UE richiede quindi che i siti di produzione e il processo di produzione siano valutati e approvati come parte del processo di autorizzazione».
Le conseguenze di questo mix burocratico-tecnologico
Spiegazione che non convince l’Unione africana, che ribatte: «Le attuali linee guida sull’applicabilità mettono a rischio il trattamento equo delle persone che hanno ricevuto i loro vaccini in paesi che beneficiano della struttura COVAX sostenuta dall’UE, compresa la maggior parte degli Stati membri dell’Unione africana (UA)». Uno strumento tecnologico, dunque, ancora una volta si piega alle esigenze della burocrazia. Il Green Pass che entrerà ufficialmente in vigore a partire dal prossimo 1° luglio si basa su un sistema di verifica, attraverso emissione di QR Code, che – in tutti gli stati membri dell’Unione Europea – potrà essere sottoposto a controllo da parte di autorità nazionali e – nel caso di viaggio fuori dai confini – anche dalle autorità di altri Paesi.
Ma, nonostante i cittadini dei Paesi africani che hanno ottenuto un vaccino attraverso Covax possano essere considerati allo stesso modo coperti da prima e seconda dose esattamente come tantissimi europei, questo ostacolo (che, ribadiamo, unisce un cavillo burocratico a un sistema tecnologico teoricamente neutrale) rischia di discriminarli fortemente e a lungo.