Si dice il truffato e non il truffatore: le insidie delle app di dating e il social engineering
Dalle frodi economiche a quelle finite, purtroppo, tra le pagine della cronaca nera. Occorre un utilizzo consapevole delle varie piattaforme dedicate agli incontri
30/11/2022 di Enzo Boldi
Di storie simili, per dinamica e non per esito, ne sono state segnalate molte. Talmente tante che Netflix ha deciso di realizzare un documentario ad hoc su una delle vicende più emblematiche che hanno visto come protagonista (a suo discapito, solo come mezzo) una app di dating. Perché con l’avanzata tecnologica e digitale, sono cambiati anche i modi per portare avanti tentativi di frode e le truffe Tinder – nonostante i tentativi degli sviluppatori di queste applicazioni di porre rimedi e freni a tutto ciò – si sono allargate a macchia d’olio nel corso degli anni. Alcune, purtroppo, sono andate ben al di là dell’inganno e del raggiro, varcando i confini delle pagine della cronaca nera.
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Netflix con “The Tinder Swindler” ha raccontato una sola di queste storie. Quella che ha visto protagonista il truffatore israeliano Shimon Hayut che, utilizzando la nota app di dating, è riuscito a raggirare tre donne. In sintesi: si spacciava per essere un principe di diamanti ricco (anzi, ricchissimo) e investiva soldi per apparire quel che non era attraverso viaggi e cene di lusso. Poi l’inizio di una relazione e della frode: chiedeva alle sue “vittime” di prestargli dei soldi per procedere con investimenti importanti in un momento di scarsa liquidità, prima di far perdere le proprie tracce. Fuggito con il bottino. Poi la condanna – dopo l’arresto in Grecia e l’estradizione – a 15 mesi di carcere (con una pena scontata solamente per un terzo per via della buona condotta). Un caso diventato emblematico di come le app di dating – nonostante gli sforzi – non possano evitare questa tipologia di frodi.
Truffe Tinder, i casi più emblematici
Raggiri estremi, con radici ancor più profonde rispetto ai casi raccontati in Italia su MTV (ora su VH1) dalla serie “Catfish: Identità Nascoste” raccontate Nev Schulman. Perché quelli erano casi di, come si evince dal titolo, di persone che – utilizzando un mezzo digitale (o social) si spacciavano per altre (in similitudine con le attività online degli scammer), mentre nei casi delle app di dating (almeno quelle con protocolli di sicurezza elevati come Tinder, ma anche Badoo, The Inner Circle, Happn, Grindr, Once e Bumble) si tratta di persone reali che agiscono in modo fraudolento.
Come accaduto solo qualche mese a fa Palermo, quando una donna ha denunciato un uomo che aveva utilizzato uno stratagemma simile a quello raccontato nel documentario Netflix. In questo caso i due non si erano conosciuti via app, ma attraverso un sito di incontri. Come riporta PalermoToday, una 50enne è stata raggirata e frodata per 3mila euro: il suo “match”, infatti, le aveva detto di essere un medico e le aveva proposto l’acquisto di una crema per migliorare il suo corpo. E la stessa vittima ha raccontato di esser venuta a conoscenza di un’altra donna che ha subito lo stesso tipo di truffa da parte dello stesso uomo.
Casi, dunque, di social engineering che hanno riflessi nella vita reale. Perché le truffe Tinder (ma anche tutte quelle condotte utilizzando una app di dating) seguono tutte lo stesso filone: si cerca di creare un’interazione molto intima, ai limiti della “confessione”, con la vittima tentando di “estorcere” in modo garbato e non evidente delle informazioni sensibili per procedere con il raggiro economico.
La cronaca nera
Subire un raggiro economico è un qualcosa di sgradevole, ma – purtroppo – ci sono anche episodi che vanno oltre all’etichetta “truffe Tinder“. Sulle pagine di cronaca internazionale, per esempio, sono comparse alcune storie raccapriccianti dall’esito fatale per la vittima. Come nel caso (datato 2019) della britannica Grace Millane, vittima di un incontro su Tinder in Nuova Zelanda. La giovane, all’epoca dei fatti aveva 22 anni, aveva deciso di incontrare il suo “match” durante il suo viaggio nell’emisfero Sud, ma quell’appuntamento si è trasformato in tragedia: la ragazza è stata strangolata durante questo incontro e il suo carnefice, dopo aver fotografato il corpo senza vita riverso nel suo appartamento, ha anche occultato il cadavere prima di uscire e procedere con un nuovo incontro organizzato attraverso l’app di dating.
Un caso di cronaca, come molti altri che si sono verificati in tutto il mondo. Nel 2017, la 24enne americana Sydney Irene Loofe è stata uccisa da un suo match su Tinder. E casi analoghi, con vittime di entrambi i sessi, sono stati registrati in Messico, negli Stati Uniti e in altri Paesi del Mondo. Persone che si sono “fidate” del “match” su una app di dating e di qualche breve chat prima dell’incontro che, purtroppo, si è rivelato fatale. E applicazioni come Tinder hanno provato a inserire all’interno del proprio ecosistema digitale alcune funzioni per consentire di segnalare eventuali atteggiamenti “aggressivi” (per usare un eufemismo): dal sistema di segnalazioni in caso di molestie e il controllo della fedina penale della persona con cui si sta chattando.
Come difendersi? Parola all’avvocato Francesca Gorini
Abbiamo parlato di casi di cronaca e di truffe Tinder (e similari) anche con Francesca Gorini, avvocato che collabora nel progetto di Re.Te.4.0 dando voce e tutela legale alle vittime di truffe affettive, cyber crime, stalking ed ogni altro reato commesso attraverso l’inganno sentimentale. Tra i suggerimenti base dati agli utenti per evitare di incappare in frodi ci ha fornito uno strumento indispensabile, valido sia per i social network che per le app di incontri: «Occorre sempre controllare le fotografie e verificare, attraverso gli strumenti messi a disposizione della rete, se le immagini utilizzate non siano state già usate da altre». L’avvocato ha detto ai microfoni di Giornalettismo che spesso si fa leva sul sentimento delle persone per indurle a credere a storia che non sono reali: «In molti casi, per esempio, l’attività di scam procede con il “carnefice” che finge di essere un militare». Il motivo: si crea empatia a partire dalla lontananza per cercare di generare nella vittima un sentimento tale da indurla a cedere a richieste economiche (come soldi per effettuare un viaggio di ritorno a casa e similari).
Francesca Gorini ci ha poi spiegato che i casi di truffe sulle app di dating (ma anche sui social network) continuano ad aumentare: «Vanno di pari passo con l’ampliamento della rete e gli utenti sempre più connessi. Le varie app e i siti hanno provato a trovare soluzioni affinché i fenomeni di frode si riducessero, ma ci sono dei problemi che vanno oltre gli aspetti tecnici. Manca, per esempio, una norma ad hoc. In Italia, quando arrivano denunce di questo tipo, si procede sempre per truffa generica e non per truffa affettiva attraverso un mezzo digitale». E il futuro potrebbe non offrire soluzioni migliori: «Gli interventi delle varie app di dating possono frenare le eventuali azioni fraudolente condotte da utenti singoli, ma spesso ci si trova davanti a vere e proprie organizzazioni criminali». Una moltitudine di persone che agiscono, contemporaneamente, per truffare le vittime. Difficili da individuare, difficili da fermare.