Quello che Facebook dovrà cambiare per non chiudere in Europa
Il tema è sempre quello del trasferimento dei dati personali dall'Unione Europea agli Stati Uniti, con le relative decisioni da parte dei regolatori della privacy
10/08/2022 di Gianmichele Laino
Mentre Meta si è affrettata – lo abbiamo scritto tempo fa, riportando la posizione dell’azienda di Menlo Park sulle indiscrezioni legate all’uscita del proprio report semestrale – a smentire più volte la sua idea di abbandonare l’Unione Europea a causa della legislazione troppo stringente sulla privacy e sulla gestione dei dati personali, c’è una spada di Damocle che pende comunque sul colosso di Big Tech, che dovrà per forza di cose prendere delle decisioni in merito alla gestione proprio dei dati personali degli utenti. Questa spada di Damocle è rappresentata da una bozza della Irish Data Protection Commission, che prevederebbe una serie di ostacoli alla trasmissione dei dati europei dei social network e delle app di messaggistica di proprietà di Meta (stiamo parlando di Facebook, Instagram, WhatsApp, Messenger) negli Stati Uniti, proprio a causa della disparità di inquadramento legislativo del trattamento dei dati personali, soprattutto dopo l’abolizione del Privacy Shield. Su questa bozza si attendono – e il tempo sta per scadere – i pareri di altri regolatori europei: il dilemma è se Meta dovrà fronteggiare una sanzione o se verranno richiesti dei cambiamenti così radicali all’azienda da farle continuare la propria riflessione sull’abbandono del mercato europeo.
LEGGI ANCHE > Meta rende esplicito che Facebook e Instagram non hanno intenzione di lasciare l’Europa
Trasferimento dati Meta, cosa può fare per non abbandonare l’Europa
Tuttavia, la decisione andrà presa e non si potrà semplicemente giocare sui ritardi della burocrazia dei vari Paesi membri dell’Unione Europea. Anche perché diversi regolatori della privacy, in vari stati, stanno già prendendo dei provvedimenti analoghi. Qualche settimana fa, ad esempio, vi avevamo spiegato la decisione del Garante della Privacy italiano riguardo a Google Analytics (anche in quel caso c’è un lasso di tempo per uniformarsi, tempo che sta scorrendo senza che però si intravedano all’orizzonte delle soluzioni alternative): anche in quel caso, l’oggetto del contendere è quello del trasferimento dei dati di diversi utenti che consultano i vari siti web che utilizzano il sistema di conteggio analitico di Google dall’UE agli Usa.
E allora ci sono due strade: quella della pressione politica o quella dell’adeguamento radicale delle infrastrutture. Probabilmente fiduciosi rispetto alle dichiarazioni congiunte di Ursula von der Leyen e di Joe Biden sulla comunicazione di dati tra UE e Usa, Meta e gli altri colossi Big Tech americani hanno temporeggiato, aspettando una soluzione politica al problema. Ma se questa decisione non dovesse arrivare, l’unico modo per continuare a operare in Europa – senza sanzioni e senza problemi – è fare in modo che Meta possa costruire all’interno dei confini dell’Unione dei data center abbastanza capienti all’interno dei quali veicolare tutti quei dati che, al momento, vengono ancora trasferiti negli Stati Uniti. Una soluzione chiaramente dispendiosa e anche importante dal punto di vista dell’impatto energetico.
L’altra strada è quella della mediazione con le istituzioni europee, attraverso una operazione di lobby che possa magari rendere sostenibili le sanzioni che Meta dovrebbe pagare in caso di violazioni del principio del trasferimento dei dati. Ma anche questa sarebbe una soluzione troppo provvisoria e troppo poco virtuosa. Meta non ha intenzione di lasciare il mercato europeo, anche se sta costantemente spiegando come potrebbe essere costretta a farlo. Questo gioco delle parti, alla lunga, sarà conveniente per tutti?