TikTok rimuove i video sulla lettera di bin Laden e risponde all’accusa di promuovere contenuti pro-Palestina

TikTok ha scelto di rimuovere i video che parlano della lettera di bin Laden all'America e si è difeso dall'accusa di favorire contenuti pro Palestina

17/11/2023 di Ilaria Roncone

Quello della lettera di bin Laden sull’America è partito come parte un qualsiasi trend su TikTok: un video diventa virale, raggiunge tante persone e – seguendo le istruzioni del contenuto virale – l’azione viene replicata. In questo caso si trattava di leggere la lettera che bin Laden ha scritto all’America parlando delle ragioni che hanno portato all’attacco alle Torri Gemelle, condividendo poi con gli altri come questo faceva sentire colui che l’aveva letta. I risultati – insieme all’analisi della questione da una determinata angolazione – si possono vedere nel video embeddato di seguito.

Partiamo dal presupposto che, proprio come qualsiasi altro trend, chi sceglie di partecipare lo fa con la consapevolezza che quel contenuto avrà una diffusione molto ampia e porterà il profilo a crescere. Il punto è che questa volta, a differenza di quando si emulava la Ice Bucket Challenge (tanti per citarne una molto virale), le persone stanno facendo affermazioni rispetto a una tematica delicatissima del passato degli Stati Uniti e del mondo che – per forza di cose – si aggancia a una tematica delicatissima del nostro presente, il conflitto israelo-palestinese inaspritosi da oltre un mese ormai.

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TikTok ha rimosso i video che citano la lettera di bin Laden

La prima persona ad aver pubblicato questo contenuto – creando, di fatti, il “trend” – è stata Lynette Adkins. L’utente può contare su 12 milioni di follower su TikTok e, commentando la lettera, ha affermato di stare «avendo una crisi esistenziale» in merito a quanto letto, invitando gli altri a leggerla e a confrontarsi con lei sul contenuto.

La decisione di TikTok di procedere con la rimozione dei video – in un clima in cui il social è sotto attacco (in maniera semplicistica) per essere un covo di giovani pro-Hamas – è stata presa nel tardo pomeriggio (ora italiana) del 16 novembre con la seguente motivazione: «I contenuti che promuovono questa lettera violano chiaramente le nostre regole sul sostegno a qualsiasi forma di terrorismo. Stiamo rimuovendo in modo proattivo e aggressivo questo contenuto e indagando su come è arrivato sulla nostra piattaforma. Il numero di video su TikTok è piccolo e i rapporti sui trend sulla nostra piattaforma non sono accurati. Questo non è esclusivo di TikTok ed è apparso su più piattaforme e media».

I numeri raggiunti dai video diffusi sotto l’hashtag #lettertoamerica avevano collezionato – dall’inizio di questa settimana – 10 milioni di visualizzazioni (dato riportato dal Guardian) fino a che l’azienda non ha bloccato la ricerca. TikTok ridimensiona il fenomeno – non tanto in termini di visualizzazioni ma in termini di numero di video condivisi – nel suo post, affermando chiaramente che si tratta di un «numero piccolo» di contenuti che sta rimuovendo e che quegli stessi contenuti sono stati condivisi anche su altre piattaforme.

E i contenuti pro Palestina?

Come abbiamo detto, l’azione di TikTok si colloca nel contesto in cui la piattaforma starebbe fornendo ampio spazio ai contenuto sulla Palestina, levando visibilità – invece – a quelli su Israele. Si tratta, però, di una questione tutta da verificare e di un’accusa che – con un comunicato stampa – TikTok ha respinto direttamente al mittente.

Chi protesta contro TikTok – in particolar modo i Repubblicani in Usa, con Mike Gallagher che ha accusato la piattaforma di essere controllata dal Partito Comunista Cinese – afferma che i numeri di contenuti e di visualizzazioni dei contenuti sotto gli hashtag #freePalestine e #standwithIsrael sarebbero sproporzionati. Al netto del fatto che per fare affermazioni simili servirebbe un’analisi molto più approfondita che risponda a domande come quanti sono i video pro Palestina e quanti quelli pro Israele in un contesto di piattaforma social. TikTok come Instagram, tra l’altro, sono luoghi che – dall’inizio del conflitto – sono stati preferiti da giornalisti e divulgatori per diffondere contenuti che raccontino di Gaza rispetto ai canali mainstream occidentali, che forniscono più spazio alla narrazione dal punto di vista di Israele.

Tornando all’accusa mossa a TikTok, ovvero quella di essere un contenitore di contenuti pro Hamas, la risposta di TikTok è stata la seguente: «Il sostegno dei ragazzi si è orientato verso la Palestina molto prima che TikTok esistesse. Questo è dimostrato anche dai dati dei sondaggi Gallup sui millennials risalenti al 2010, molto prima della nascita di TikTok. La differenza di volume tra i contenuti relativi alla Palestina e quelli relativi a Israele è simile su tutte le piattaforme».

In merito al sistema di hashtag sotto accusa, TikTok afferma che «il numero di video associati a un hashtag, da solo, non fornisce un contesto sufficiente. Ad esempio, l’hashtag #standwithIsrael, associato a meno video rispetto a #freePalestine, ha il 68% in più di visualizzazioni per i video negli Stati Uniti, il che significa che più persone hanno visto il contenuto».

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