È arrivata la fine per TikTok negli Stati Uniti?

Se la piattaforma non verrà venduta dall'azienda madre cinese ByteDance (che non ha proprio intenzione di cederla), allora gli Stati Uniti la dichiareranno irregolare

29/04/2024 di Gianmichele Laino

Il tema di TikTok negli Usa entra prepotentemente nel dibattito legato alle elezioni americane. Anzi – diciamoci la verità – dal 2020 in poi non ne è mai uscito. La firma di Joe Biden sulla legge che concede nove mesi (più una proroga applicabile una sola volta di altri 90 giorni) a ByteDance per vendere il suo prodotto di punta, quella piattaforma che tutti gli adolescenti americani utilizzano quotidianamente, altrimenti – da quel momento in poi – sarà il ban. Negli Stati Uniti non si potrà più utilizzare TikTok, con tutte le conseguenze (anche economiche) del caso. Si tratta di un processo che è stato lungo, ma che è giunto a maturazione: tante le tappe intermedie, dall’attacco di Donald Trump (con Biden che, in un primo momento, era diventato una sorta di paladino dell’applicazione nata in Cina), fino ad arrivare al ban governativo – sotto l’amministrazione Biden – di TikTok per i funzionari pubblici, con il timore – nemmeno troppo nascosto – che la piattaforma fosse una sorta di modo per spiare chiunque avesse un ruolo nell’amministrazione americana. Poi, il clamoroso ribaltone, con la firma di Biden sul documento che potrebbe decretare la fine di TikTok negli Stati Uniti.

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TikTok negli Usa e il possibile ban per la piattaforma

Non ci sono previsioni di schiarite all’orizzonte. Shou Chew – il numero uno di TikTok – ha infatti dichiarato che l’applicazione (e il suo algoritmo, il vero oggetto di contesa di tutta la questione) non potrà essere venduta. La prospettiva, insomma, è quella di una clamorosa azione legale di ByteDance nei confronti dell’amministrazione americana. Di aggirare il divieto passando la mano e cedendo la piattaforma, infatti, non c’è nemmeno la minima intenzione, anche se poi occorrerà capire in che modo si evolveranno le vicende all’indomani dell’elezione americana prevista in autunno.

Già, perché nel frattempo si è assistito a un clamoroso cambio di rotta tra i due protagonisti della politica statunitense. Donald Trump ha recentemente dichiarato, facendo marcia indietro sulle sue dichiarazioni tonanti di qualche anno fa, che bannare TikTok dal territorio degli Stati Uniti sarebbe un clamoroso errore. Dunque, in caso di avvicendamento alla Casa Bianca, il ban al social network potrebbe addirittura essere revocato.

Fatto sta che a far crescere la preoccupazione nei confronti della piattaforma sono stati i contenuti diffusi in questi giorni, lo spazio che è stato dato alla causa palestinese nel feed dei Per Te e le contemporanee proteste che hanno caratterizzato le università americane, con il sit-in di protesta davanti alla Columbia University che sta entrando prepotentemente nel dibattito dell’opinione pubblica. Ma non è stata certo questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso: le istituzioni occidentali vedono in TikTok una sorta di minaccia, sia per quanto riguarda la propaganda, sia per quanto riguarda la profilazione degli utenti. Il divieto ai funzionari pubblici di utilizzare l’app (che si estende ai dipendenti pubblici in altri Paesi come Canada, Gran Bretagna, Belgio, Taiwan e Nuova Zelanda, oltre che ai funzionari pubblici dell’Unione Europea) evidenzia i timori della società occidentale per eventuali intrusioni di TikTok nelle vite offline dei suoi rappresentanti. Quello che si configura, insomma, è una sorta di scontro di mentalità, di incrocio di culture e di veti reciproci. Bisognerà capire cosa prevarrà: se la pressione esercitata da TikTok sugli utenti (che, ormai, sembrano non poterne più fare a meno) o il pugno duro delle istituzioni. Senza escludere una soluzione di compromesso che, al momento – ai blocchi di partenza della vicenda – sembra, nell’ordine delle cose, impossibile.

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