Il rischio che corriamo condividendo i dati dello Spallanzani con i russi dello Sputnik V
I termini dell'accordo prevedono l'accesso all'ampia banca dati dell'Istituto Spallanzani in cambio dello studio sullo Sputnik
15/04/2021 di Gianmichele Laino
Uno studio sullo Sputnik V in cambio dell’ampia banca dati dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma. Uno dei centri europei cruciali per lo studio delle malattie infettive. Sono questi i termini dell’accordo siglato, attraverso un protocollo d’intesa, tra Regione Lazio, Istituto Lazzaro Spallanzani e Istituto Gamaleya, ovvero il centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica di Mosca che ha contribuito alla realizzazione del vaccino russo Sputnik V. Lo scopo è quello di valutare, attraverso lo studio, se il vaccino possa essere utilizzato, eventualmente, anche come seconda dose per prime somministrazioni con vaccini a rischio reazioni avverse.
LEGGI ANCHE > Il vaccino Sputnik ti chiede di seguirlo su Twitter. E sponsorizza il post
Dati Spallanzani in cambio della ricerca condivisa sullo Sputnik V
Nel testo del memorandum si sottolinea quale sia la “moneta di scambio” attraverso cui sarà possibile condividere gli studi sul vaccino russo Sputnik V. E si parla in termini assolutamente lusinghieri della banca dati dell’Istituto Lazzaro Spallanzani: «L’Inmi – si spiega nel memorandum – gestisce una delle più grandi banche biologiche dell’Unione europea per gli agenti virali e conserva legalmente 120 ceppi virali di Sars-Cov-2».
Sembra evidente, dunque, che parlando di dati, di database e di indicazioni legate alla ricerca scientifica centrale – per il suo punto d’osservazione privilegiato – rispetto all’Europa, si entri in un campo minato. Soprattutto perché è questa, effettivamente, una questione che ha sollevato l’interesse del centro di ricerca russo che ha accettato, a partire da questa transizione, di poter collaborare alle ricerche sullo Sputnik. Anche perché, dall’altra parte, la possibilità di ottenere campioni ottenuti dai volontari dei trial clinici condotti in Russia durante la sperimentazione del vaccino sarà soltanto – così dice il testo – «considerata». Ci sono, quindi, buone probabilità che alcuni aspetti sensibili della ricerca russa possano non essere condivisi. Un punto critico notevole rispetto, invece, alla completa messa a disposizione da parte dell’Istituto Spallanzani della propria banca dati.
Dal momento che in Italia la cultura dei dati sensibili è sempre stata in qualche modo fatta passare in secondo piano, sarebbe opportuno chiarire quali sono i termini in base ai quali lo Spallanzani e la Regione Lazio condivideranno le banche dati con i ricercatori russi. A questo scopo, abbiamo inviato una mail di richiesta informazioni all’ufficio stampa della Regione Lazio e all’ufficio comunicazione dell’Istituto Spallanzani, in modo tale da avere delle rassicurazioni sul data sharing realizzato e sui sistemi di protezione dei dati sensibili che sono stati discussi nell’ambito degli incontri che hanno preceduto il protocollo d’intesa.