Quali sono le implicazioni del pagamento della spunta blu per i media

Per il momento, la gestione social delle pagine non sembra essere destinata a cambiare. Ovviamente, però, questo principio di badge ottenuto dopo un pagamento rende l'informazione certificata sempre meno riconoscibile sulle piattaforme social di Meta

20/02/2023 di Enzo Boldi

Un tempo, la “spunta blu” all’interno dei social (compresi quelli di proprietà di Meta) era una sorta di certificazione di qualità. Era l’epoca in cui le piattaforme volevano dare credito a fonti di informazione accreditate, nel tentativo di evitare la diffusione di fake news. Con il passare degli anni, però, quel principio di base è stato cancellato dal corso degli eventi: il badge veniva rilasciato (su richiesta del singolo individuo proprietario di un account o pagina, ma anche di un’azienda) facendo leva su parametri come il numero di follower e di contenuti pubblicati. Oggi, dopo il test graduale annunciato da Mark Zuckerberg in Australia e Nuova Zelanda, c’è il rischio che qualcosa cambi anche per i media che si occupano di informazione e giornalismo?

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Dal punto di vista tecnico, per il momento sembra che nulla sia in procinto di cambiare per quel che riguarda i profili e le pagine social (Facebook e Instagram) delle aziende che si occupano di giornalismo. Nella nota in cui si parla delle nuove modalità per ottenere la spunta blu Meta (o Meta Verified), c’è proprio un riferimento in cui si spiega che – almeno in questa fase di test tra Australia e Nuova Zelanda – la nuova procedura è rivolta solamente ai singolo utenti detentori di un profilo Facebook o Instagram (a.k.a. creators):

«Le aziende non sono idonee a richiedere Meta Verified in questo momento».

C’è un riferimento temporale: «In questo momento». Dunque, almeno per ora, le aziende non sono tirate in ballo per le nuove dinamiche per ottenere la spunta blu Meta Verified.

Spunta blu Meta, cosa cambia per giornali e media

Per le aziende che si occupano di contenuti editoriali (così come per le altre) che hanno già ottenuto il badge seguendo i parametri tuttora vigenti non cambia nulla. Così come per chi volesse avviare ora la pratica per richiedere la cosiddetta spunta blu di verifica. Si tratta, quindi, di novità legate ai singoli profili (gestiti da persone fisiche) che dovranno certificare (anche attraverso l’invio del proprio documento d’identità) la veridicità di chi si “cela” dietro un account social. Per le aziende, dove il titolare è una persona giuridica, questo principio – per ora – non sarà applicato. Dunque, le pagine Meta legate ai giornali, ai media e agli organi di informazione non sembrano toccati da queste novità in fase di test.

Storia di un badge

Ma la questione, come già accaduto in precedenza con Twitter, è molto più profonda. Perché il badge blu di certificazione dovrebbe essere, per definizione, una sorta di certificato di garanzia. Ora non sappiamo se Facebook e Instagram decideranno di inserire un badge differente (almeno cromaticamente) per non far apparire un utente “x” che decide di pagare quegli 11,99 dollari per ottenere una spunta blu al pari di un organo di stampa o un media riconoscibile e accreditato. Sta di fatto che, però, questo confine sia stato già superato nel corso degli ultimi mesi. Un tempo – parlando di Instagram – la spunta blu era “concessa” (su richiesta) solamente a profili con determinate caratteristiche (partendo dal numero di follower, almeno 10mila). E tra le funzioni disponibili esclusivamente per i profili certificati c’era anche quella di poter condividere i link a contenuti esterni attraverso lo swipe-up. Poi, dall’agosto del 2021, quel che sembrava essere uno dei princìpi ineludibili del social targato Meta è stato scalfito: addio contenuti condivisi all’esterno con lo swipe-up (e utilizzabili solo dagli utenti-profili con badge) e via libera allo sticker con link. Poi, qualche mese dopo, la possibilità di linkare contenuti esterni è stata estesa anche ai non possessore di spunta blu.

Dunque, prima era possibile ricondividere contenuti esterni nelle stories Instagram solo da profili certificati. Oggi, invece, quella certificazione sembra aver perso valore. Certamente la consegna di un documento d’identità e il nome utente e profilo che dovrà combaciare con quello presente nel suddetto documento è un tassello fondamentale per la “riconoscibilità” di un personaggio e la veridicità di un account. Ma se dietro un pagamento si equipara un utente “x” a un organo di stampa, allora la questione inizialmente sottile diventa sempre più spessa e pesante.

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