Dallo SPID alla piattaforma per i referendum: tutti i nodi non risolti dall’attuale governo sulla PA digitale

Da quando è in carica l'esecutivo guidato da Giorgia Meloni, ci sono state molte polemiche attorno al digitale

07/03/2023 di Enzo Boldi

Digitale mon amour, mica tanto. L’attuale governo, guidato da Giorgia Meloni, si è reso spesso protagonista di iniziative sul “digitale” (nel senso più esteso del termine) che hanno sollevate numerose polemiche. Alcuni sono stati lasciti del passato recente, altre sono dichiarazioni programmatiche che hanno avuto l’effetto di innalzare un polverone intorno a dinamiche che, oramai, sono già entrate negli usi e costumi dei cittadini italiani. Parliamo, per esempio, di due casi strettamente legati tra loro: lo SPID e la piattaforma online per la raccolta firme per chiedere referendum.

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Nella prima metà del novembre dello scorso anno, sembrava essersi finalmente risolta la querelle intorno alla piattaforma per raccogliere le firme per i referendum: il sito era stato pubblicato ed era stata avviata – come si legge nella homepage – quella che sembra essere la fase di test prima di avviare la fase operativa. Dunque, tutto in linea (seppur con enorme ritardo) con quanto prescritto dalla legge di Bilancio approvata dal Parlamento il 30 dicembre del 2020 (all’articolo 38-quater) e con quanto indicato all’interno del dpcm del 9 settembre scorso firmato dall’allora Presidente del Consiglio, Mario Draghi. Durante questo lasso di tempo, erano state risolte anche tutte le criticità – in termini di gestione dei dati personali – messe in evidenza dal Garante per la privacy. Insomma, tutto sembrava essere pronto. Ma sono passati quattro mesi e la piattaforma non è ancora operativa.

Spid e piattaforma referendum, i nodi irrisolti del governo

I motivi? Al momento non si conoscono. Eppure il Sottosegretario con delega all’Innovazione – che, di fatto, ha assunto il ruolo (senza essere a capo di un dicastero che con il governo Meloni è stato rimosso) che era nelle mani di Vittorio Colaoa Giornalettismo aveva assicurato che non sarebbe servito troppo tempo per la messa in servizio della piattaforma: «Il decreto attuativo relativo al funzionamento della piattaforma di raccolta online delle sottoscrizioni per i referendum e i progetti di legge di iniziativa popolare è stato firmato lo scorso 9 settembre 2022 – rileva il sottosegretario Alessio Butti -. Dopo aver completato la fase di registrazione da parte degli Organi di controllo, è attualmente in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale». Il decreto attuativo a cui faceva riferimento Butti è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale dieci giorno dopo quell’intervista (il 26 novembre 2022). Eppure la piattaforma non è ancora operativa.

Le polemiche tra CIE e SPID

E nel bel mezzo di questo guado, lo stesso Butti è stato protagonista di una dichiarazione (reiterata, seppur leggermente addolcita nel tempo) sull’intenzione del governo Meloni di dire addio allo SPID (il Sistema pubblico di identificazione digitale) in favore della CIE (la carta di identità elettronica). E ci sono delle scadenze in vista, previste per la fine di aprile, entro cui l’esecutivo dovrà decidere se rinnovare l’accordo con quei provider che permettono la creazione e l’utilizzo dell’identità digitale ai cittadini. Un accordo anche economico e commerciale che ha portato ad alcuni recenti incontri tra il Sottosegretario con delega all’Innovazione e queste aziende. Per il momento, nonostante il mese di marzo sia inoltrato, non sono arrivate ulteriori indicazioni in merito.

SPID e piattaforma referendum, perché sono collegati

Due aspetti della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione – anche relative al modo in cui i singoli cittadini possono interfacciarsi con le istituzioni democratiche e partecipare attivamente alle iniziative popolari – che sembrano essere rimaste al palo. Entrambe strettamente collegate tra loro. In che modo? Basta una immagine per vedere come SPID e piattaforma referendum siano due facce di una medaglia molto simile.

Nella versione online del sito per i referendum digitali – anche se ancora in fase non operativa – c’è la possibilità (messa in cima alla lista) di accedere e autenticarsi attraverso lo SPID. Poi con CIE e infine con CNS (Carta Nazionale dei Servizi). Per queste ultime due, come spiegato in un nostro precedente approfondimento, occorre l’utilizzo di un lettore NFC (presente solamente negli smartphone di ultima generazione – e nemmeno in tutti – o da acquistare come dispositivo da collegare al proprio PC). Dunque, la piattaforma per la raccolta firme per il referendum e il sistema pubblico di identità digitale sono strettamente collegati e, a oggi, entrambi sono al palo. In attesa che qualcosa si smuova, come previsto dalle leggi approvate.

(Foto IPP/Gioia Botteghi)

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