SPID sì, SPID no: quali sono le vere intenzioni del governo? Dalle parole di Butti al caos

La confusione attorno all'identità digitale è nata dalle parole del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’innovazione tecnologica. Ma cosa ha realmente detto e come ha corretto la sua posizione iniziale

23/12/2022 di Enzo Boldi

Con il passare degli anni, il concetto di identità digitale è stato innestato all’interno del tessuto sociale italiano. Si tratta di un’iniziativa al passo con i tempi, quelli in cui buona parte delle attività che prima venivano svolte in maniera “analogica” hanno trovato una sponda feconda nell’innovazione tecnologica. E da anni si parla di SPID (acronimo che sta per Sistema Pubblico di Identità Digitale), diventato fondamentale anche nel nostro Paese. Ma, come spesso accade, la politica (e non solo la società civile) si è divisa sull’utilizzo di questo strumento di identificazione e l’ultimo a sollevare la questione (anche se già lo fece proprio dagli scranni di Montecitorio un paio di anni fa) è stato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti.

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Nel corso del suo intervento dal palco della Festa per i primi dieci anni di Fratelli d’Italia (il suo partito attuale dopo un passato nel Movimento Sociale Italia, in Alleanza Nazionale e nel Popolo della Libertà), Alessio Butti ha parlato proprio dello spegnimento graduale del Sistema Pubblico di Identità Digitale. E lo ha fatto in questi termini:

«Cerchiamo di spegnere gradualmente lo SPID, che ovviamente raccoglie una serie di identità digitali, quindi con anche l’aumento dei rischi dei furti d’identità, con la pubblicazione dei costi perché indubbiamente abbiamo un problema di duplicazione dei costi. E soprattutto vorremmo facilitare l’azione delle nostre imprese e la relazione dei cittadini con la pubblica amministrazione. Io credo che, d’accordo con il Poligrafico dello Stato, con il Ministero dell’Interno, con il comitato interministeriale per la Transizione digitale, dovremmo cominciare a spegnere gradualmente lo SPID e avere la carta d’identità elettronica (CIE, ndr) come unica identità digitale per facilitare la vita degli italiani». 

Dichiarazioni che hanno generato il caos, soprattutto perché dopo anni di istituzioni che hanno spinto i cittadini verso l’utilizzo di questo sistema per accedere anche ai portali di enti (come INPS o Agenzia delle Entrate). Perché, leggendo e ascoltando le parole di Butti, sembra proprio che le intenzioni del governo siano quelle di superare il Sistema di identità digitale, inserendo all’interno del principio della Carta di Identità Elettronica (rilasciata dallo Stato). Parole che hanno provocato le reazioni, per esempio, di Matteo Renzi.

SPID, da Butti al governo: quali sono le intenzioni

Poi, mentre infiammava la polemica, ecco che lo stesso Alessio Butti ha deciso di prendere nuovamente la parola scrivendo e inviando una lettera indirizzata a Il Corriere della Sera. Al suo interno, il Sottosegretario con delega all’Innovazione Tecnologica ha spiegato come nelle sue intenzioni non ci sia quella di cancellare del tutto il principio dell’identità digitale, ma quello di farla convergere in un solo strumento (la CIE):

«Non vogliamo eliminare l’identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato (proprio come quella che gli italiani portano nel loro portafogli dal 1931). Stiamo lavorando, sulla base di questa idea, sondando le necessità di tutti gli stakeholder coinvolti. I primi esiti dei nostri colloqui sono incoraggianti e li puntualizzeremo nei prossimi mesi con estrema trasparenza.
Perché vogliamo fare questo? Per semplificare la vita in digitale dei nostri cittadini, per aumentare la sicurezza (perché più credenziali e strumenti di accesso significano più rischi), per rendere più accessibili i servizi digitali e, infine, per risparmiare (perché SPID ha un costo per lo Stato). La Carta d’Identità Elettronica è un’identità digitale equivalente e sotto diversi profili migliore rispetto allo SPID».

Di fatto, dunque, anche nella lettera a Il Corriere della Sera, Alessio Butti ha ribadito quando pronunciato dal palco della festa di Fratelli d’Italia: superare il principio del Sistema Pubblico di Identità Digitale e far convergere il tutto nello strumento della Carta d’Identità Elettronica.

Ma non sarà semplice

La battaglia di Butti sullo SPID non è nuova. Già due anni fa, quando era deputato di FdI, parlò dagli scranni di Montecitorio chiedendo proprio che fosse lo Stato a gestire ed erogare l’identità digitale nel nostro Paese. Insomma, non si tratta di una novità. Ma ora che ha un ruolo istituzionale all’interno dell’esecutivo, è lo stesso Butti a rimodulare questa possibilità mettendo in evidenza una serie di criticità. La prima riguarda il destino di coloro i quali (parliamo di oltre il 50% della popolazione italiana) hanno attivato un’identità digitale presso Poste (o altri provider autorizzati): saranno migrate da SPID a CIE? Secondo il Sottosegretario, questa è l’idea ma ci dovrà essere una convergenza di intenzioni tra lo Stato e i fornitori di identità digitale. Un altro aspetto, non secondario, sono le tempistiche: nonostante alcuni Comuni si siano attivati per un sistema snello e rapido di prenotazione della Carta d’Identità Elettronica (che ha un costo per il cittadino che deve rinnovarla – o chiederla per la prima emissione – di 22,21 euro di cui € 16,79 come spese di emissione quantificate dal Ministero dell’Interno  -€ 13,76 oltre IVA all’aliquota vigente – ed € 5,42 come diritti – € 5,16 diritto fisso e € 0,26 diritti di segreteria, ma ricordiamo che ora anche SPID ha un costo che varia da fornitore in fornitore), le tempistiche sono ancora molto dilatate. E Butti ha sottolineato come il sistema debba trovare una chiave di volta per rendere il tutto rapido e pressoché immediato.

Infine c’è una problematica di tipo tecnico: per usare lo SPID, oltre alle credenziali, basta scaricare l’app di riferimento del fornitore per procedere all’autorizzazione per l’accesso a un sito web. Mentre per la CIE, il percorso è più complesso. Come spiega lo stesso portale ufficiale della Carta d’Identità (una costola del sito del Ministero dell’Interno), per “leggere” una CIE occorre un apparato tecnologico che non hanno tutti. Anzi, ne sono dotati solamente alcuni modelli di smartphone (e ancora non è stato incluso all’interno di tutti i nuovi modelli). Si tratta del lettore NFC che esiste anche in versione apparato esterno da collegare a un pc. E Butti sottolinea che al momento questo potrebbe essere un problema fondamentale per il passaggio da SPID a CIE (anche perché quel lettore avrebbe un costo non indifferente per il cittadino). E tutto ciò è confermato da un rapporto citato dal quotidiano La Repubblica in cui si mette in evidenza un dato: da gennaio a novembre 2022, solamente 19,2 milioni di autenticazioni sono arrivate tramite CIE, contro i 950 milioni fatte con lo SPID. Insomma, tutto è partito da una dichiarazione a una festa, ma le intenzioni ideali si scontrano con la realtà tecnica dei fatti. Come ammesso dalla stessa persone che ha dato il via alle polemiche.

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