Ve la sareste mai aspettata la bocciatura dell’Italia sui servizi digitali pubblici?

La Digital Decade ha mostrato come l'Italia sia ampiamente al di sotto della media UE per i servizi online offerti ai cittadini e alle imprese

28/09/2023 di Gianmichele Laino

Avete presente quando, di fronte all’erogazione di un bonus o di un servizio che presuppone la presentazione di una domanda su una piattaforma digitale gestita dalla pubblica amministrazione, si forma una fila enorme di persone, il sito va in crash più volte, si verificano degli errori o non si riesce ad accedere all’app di turno? È il classico esempio che ognuno di noi cittadini italiani, almeno una volta nella vita, ha sperimentato. Per non parlare dei problemi di usabilità di alcuni servizi, della latenza dei portali, dell’interruzione dell’erogazione di un servizio a causa di attacchi DDoS (per esempio) o di semplici questioni tecniche come la mancata erogazione dell’energia elettrica ai server (nella nostra esperienza di giornale che segue le questioni digitali, ci siamo imbattuti anche in questo). Rientriamo in queste casistiche quando parliamo di carenze strutturali, nel nostro Paese, a proposito dei servizi pubblici online offerti ai cittadini e alle imprese, evidenziate dal Digital Decade, il rapporto su 10 anni di digitale in Europa pubblicato dalla Commissione europea.

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Servizi pubblici online, le carenze italiane evidenziate nel Digital Decade

Sicuramente – grazie anche alla spinta del precedente governo, che ha dedicato un ministero alla Trasformazione Digitale -, sono stati fatti passi in avanti rispetto all’utilizzo dell’identità digitale (stiamo parlando di 33,5 milioni di Spid e 32,7 milioni di CIE, con 32 milioni di persone che hanno scaricato l’App IO della pubblica amministrazione). Ci sono state importanti innovazioni anche nella cartella clinica digitale, che ha contribuito moltissimo a rinnovare la sanità in termini di informazioni telematiche. Ma ci sono tanti altri aspetti in cui l’Italia è rimasta indietro rispetto al resto dell’Europa.

Basti pensare che il suo punteggio è di 68 per i servizi pubblici online offerti ai cittadini (rispetto a una media europea di 77 punti) ed è di 75 per i servizi pubblici offerti alle imprese (la media europea, per questo particolare segmento, è di 84).

Non si tratta di un problema di mancanza di iniziativa, in generale. Più che altro, si tratta di cercare una migliore pianificazione di pratiche che sono state decise a livello europeo e che anche in Italia sono conosciute, al fine di una migliore ottimizzazione dei servizi. L’interoperabilità tra pubbliche amministrazioni, ad esempio: si tratta del modo con cui le soluzioni digitali possono aiutare le PA di diversi settori a lavorare insieme, favorendo l’accesso ai servizi sia ai cittadini, sia alle imprese. Ma un indicatore può essere rappresentato anche dalla spesa della pubblica amministrazione di ambito sanitario nella digitalizzazione dei suoi servizi che, per il biennio 2022-2024, è cresciuta del 5,2%, ma principalmente come strascico della risposta alla pandemia. Insomma, strutturare meglio la crescita della spesa potrebbe far recuperare punti al nostro Paese.

Per migliorare la trasformazione digitale, lo ricorda anche il Digital Decade, l’Italia ha a disposizione il 25% dei fondi del Pnrr, pari a 48 miliardi di euro. A contribuire al punteggio attuale, ci sono stati sicuramente il raggiungimento di obiettivi nella realizzazione del piano Cloud First e Interoperabilità, la riforma degli appalti ITC, l’adozione di un piano per le nuove competenze. Tra i servizi digitali destinati al pubblico, c’è sicuramente anche la messa a disposizione di 37 servizi supplementari sul portale dell’Inps, con un grande lavoro – da questo punto di vista – anche nella formazione di 7mila dipendenti. Tutto questo, però, è poco più che sufficiente per il processo di valutazione dell’Unione Europea. Il raggiungimento degli obiettivi (fissato a 100) ha un gap di 32 punti (da colmare entro il 2030) per i servizi pubblici online per i cittadini e un gap di 25 punti (sempre da colmare entro il 2030) per i servizi pubblici online per le imprese.

Per fare un paragone, anche la Francia ha una valutazione leggermente inferiore alla media europea. Dovrebbe migliorare, a differenza dell’Italia, nelle cartelle cliniche digitali; mentre invece riceve elogi per la messa a disposizione dei cittadini – attraverso la sua piattaforma data.gouv.fr – un insieme importanti di open data. Oltre all’aspetto sanitario, anche alla Francia è stato chiesto di adottare misure per rafforzare ulteriormente l’allineamento dei diversi livelli amministrativi coinvolti e per migliorare l’interoperabilità. La pecca transalpina, in ogni caso, sembra essere la digitalizzazione della sanità (a differenza dell’Italia). Nonostante l’aderenza alla media europea, la Germania ha ancora problemi con l’accesso dei cittadini ai servizi digitali (cosa che, invece, i numeri dello Spid e della CIE in Italia non pongono come questione, visto che i dati che abbiamo citato sono confortanti). Anche l’avanzatissima Svezia, tuttavia (che pure si attesta al di sopra della media europea) dovrebbe lavorare maggiormente sulla digitalizzazione della sanità e sull’accesso dei cittadini alle identità digitali, nonostante i suoi piani – da questo punto di vista – offrano strumenti molto avanzati. Insomma, chi è senza peccato scagli la prima mail.

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