Cosa cambia per pubblicisti e professionisti con la nuova riforma dell’Ordine dei Giornalisti?

Il documento è stato approvato all'unanimità dal Consiglio Nazionale, ma il voto definitivo arriverà a luglio

19/06/2023 di Redazione Giornalettismo

Da una parte c’è un testo, quello che si occupava del tentativo di riformare le dinamiche di accesso al praticantato, approvato e poi sospeso dopo l’intervento del Ministero della Giustizia. Dall’altro, invece, sembra correre spedito verso il suo compimento l’iter per l’approvazione della riforma dell’Ordine dei Giornalisti che – secondo il documento approvato lo scorso 14 giugno – dovrebbe modificare l’impianto stesso non solo dell’accesso alla professione, ma anche alcuni dettagli che hanno sempre contraddistinto le differenze tra i pubblicisti e i professionisti.

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Nella sua comunicazione ufficiale, il CNOG (Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti) ha messo l’accento sul fatto che – con questa riforma – l’accesso alla professione giornalistica (quindi l’iscrizione ai registri dei pubblicisti o dei professionisti) avrà un requisito ben definibile: occorrerà completare un percorso universitario. In particolare, emergono due distinzioni:

  • Pubblicisti: «Sarà richiesta una laurea di primo livello (triennale) come requisito  per iniziare il biennio di attività  propedeutico all’iscrizione all’albo. Durante tale periodo, inoltre, essi dovranno seguire un percorso di formazione».
  • Professionisti: si parla della volontà di istituire una Laurea magistrale in Giornalismo o «in alternativa una laurea, triennale o magistrale, e in aggiunta un master biennale specialistico».

Ovviamente, per quel che riguarda l’istituzione di un nuovo corso di Laurea occorrerà l’intervento del legislatore, ma la proposta potrebbe essere condivisa anche dal Parlamento. Questo, però, è solo uno degli aspetti della riforma di accesso alla professione giornalistica e ai requisiti minimi richiesti per procedere con l’iscrizione all’albo (e ai suoi registri).

Riforma giornalisti, cosa cambia per i professionisti

Ovviamente, occorre ribadirlo, ci sarà un periodo transitorio dopo l’approvazione della riforma giornalisti e l’intervento del legislatore. All’interno del documento, però, ci sono altri spunti interessanti che non riguarderanno solo i giornalisti di domani. In particolare, facciamo riferimento al concetto che è alla base (al netto della retribuzione) della distinzione tra professionisti e pubblicisti. Stando alle norme attuali, infatti, un giornalista iscritto nel registro dei professionisti può svolgere esclusivamente la professione giornalistica (con contratto giornalistico). Nel testo di questa proposta di riforma, invece, questo principio decade (in parte):

«L’attività dei giornalisti professionisti iscritti all’albo e nell’apposito elenco può non essere più esercitata in forma esclusiva, ma prevalente. Si consente quindi agli iscritti di svolgere attività diverse da quella informativa, purché non si verifichi un conflitto di interesse con la professione giornalistica e quest’ultima rimanga la principale a essere svolta».

Dunque, un giornalista professionista potrà svolgere anche altre attività. L’importante, però, è che l’attività giornalistica sia prevalente (non tanto per il “monte ore”, ma come formazione del reddito personale). Si tratta, dunque, di una svolta epocale al passo con i tempi: viste le difficoltà nel trovare contratti a tempo indeterminato (ma anche determinato) e con le adeguate garanzie, si “permette” al giornalista professionista di non dover lavorare esclusivamente in quell’ambito.

E ci saranno delle modifiche anche all’esame di Stato per poter accedere all’elenco dei professionisti. Attualmente, infatti, chi ha concluso il praticantato deve sostenere una prova scritta – composta da “articolo giornalistico”, sintesi e risposte aperte a cinque domande su argomenti relativi alla professione e alla storia del giornalismo – e una orale (con domande di vario genere sul giornalismo e il diritto, al termine della presentazione di un mini-lavoro di inchiesta). Con l’entrata in vigore di questa riforma, invece, l’impianto sembra essere destinato a cambiare:

«Gli ambiti da approfondire saranno quelli già individuati, in particolare: cronaca e linguaggio giornalistico; informazione multimediale; comunicazione digitale; utilizzo delle lingue straniere; analisi e impiego dei social». 

Dunque, anche la comunicazione digitale e l’utilizzo (anche analitico) delle principali piattaforme social (non sappiamo se in questo macro-contenitore sarà integrato anche il concetto di intelligenza artificiale), entreranno a far parte dell’esame di Stato.

Cosa cambia per i pubblicisti

Per quel che riguarda i giornalisti pubblicisti, i cambiamenti – a livello professionale – sono inferiori. Al netto della necessità di completare un percorso universitario (laurea triennale), il CNOG ha sottolineato come non ci sia alcuna intenzione di eliminare la distinzione con i professionisti, anche se il tema è stato spesso dibattuto. Ma ci saranno comunque alcuni cambiamenti:

«Si chiederà, in parziale analogia con quanto avviene per il professionismo, almeno una laurea di primo livello, condizione prioritaria. Si chiederà quindi una documentazione dell’attività pubblicistica e una dichiarazione di inizio attività, da rendere a pena di decadenza entro tre mesi dall’avvio della stessa attività, la documentazione contabile e certificata dei pagamenti ricevuti, la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Ordine di appartenenza in materia di deontologia. Al termine del percorso, della durata di due anni, il Consiglio regionale, valutata l’attività giornalistica e i relativi compensi, predispone un colloquio finale di ingresso per accertare la preparazione dell’aspirante pubblicista. Se l’esito risulterà negativo, il colloquio non potrà essere ripetuto prima di tre mesi». 

Cambiamenti di forma e sostanza, che però non modificano l’impianto iniziale – per i pubblicisti – approvato fin dal 1963, anno in cui entrò in vigore la legge 69, quella che ha istituto l’Ordine dei giornalisti.

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