«Nessuna libertà, anche se sancita costituzionalmente, è totalmente priva di paletti»

La nostra intervista alla giurista Vitalba Azzollini dopo le sanzioni decise dal Garante Privacy nei confronti delle testate che hanno pubblicato la cartella clinica di Matteo Messina Denaro

19/06/2023 di Enzo Boldi

Era stata la prima a sollevare la questione, all’indomani dell’arresto di Matteo Messina Denaro e la – praticamente contestuale – pubblicazione della cartella clinica su alcune testate. Proprio questa sua attenzione alle regole deontologiche e quelle che proteggono i dati sanitari di ogni singolo cittadino (chiunque esso sia), ci aveva portato a realizzare un interessantissimo approfondimento che ha dato spunto al Garante per la Privacy per verificare se il comportamento di alcuni giornali, su questa vicenda, fosse illecito. E, alla fine, la giurista Vitalba Azzollini aveva ragione.

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Lo si era intuito lo scorso 19 gennaio, quando l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali aveva imposto a quattro testate la limitazione del trattamento di quei dati sanitari. Ed è stato confermato qualche mese dopo, con le sanzioni nei confronti di quelle stesse realtà editoriali. Esattamente come aveva già spiegato Vitalba Azzollini a Giornalettismo, il giornalismo aveva fornito ai lettori la parte peggiore di sé. E oggi che siamo a conoscenza delle multe, abbiamo fatto nuovamente il punto della situazione con la giurista che ci ha spiegato nel dettaglio i quattro provvedimenti: «Intanto dobbiamo dire che erano state adottate dei primi provvedimenti di limitazione del trattamento a seguito della pubblicazione di notizie sullo stato di salute, ma in particolare proprio con la pubblicazione della cartella clinica di Matteo Messina Denaro, erano stati fatti dei primi provvedimenti di limitazione del trattamento il 18 di gennaio nei confronti di una serie di soggetti che avevano proceduto a questa pubblicazione. In particolare: AdnKronos, DayItaliaNews, Palermo Today e LaCronaca24. Il provvedimento quello di limitazione del trattamento era stato adottato sulla base i presupposti previsti dal Codice privacy e nel fatto che la diffusione dei dati per finalità giornalistiche incontra meno limiti rispetto ad altri tipi di diffusione, ma va comunque effettuata nel rispetto delle del Codice deontologico e nel rispetto in particolare del limite dell’essenzialità. In particolare, le regole deontologiche prevedono che quando il giornalista riporta notizie sullo stato di salute di una determinata persona ne deve rispettare dignità riservatezza e decoro personale, specie nel caso in cui la persona poi abbia una malattia grave e o terminale. Inoltre, c’è scritto, che ci si deve astenere dal pubblicare dati analitici di natura clinica. A maggior ragione, insomma, sappiamo che una cartella clinica è quanto di più specialistico si possa pubblicare circa lo stato di salute di una persona».

Vitalba Azzollini ci spiega le sanzioni alle quattro testate

Dunque, le basi di quanto poi deciso nei mesi successivi, erano già state poste all’apertura delle quattro differenti istruttorie nei confronti di altrettante testate giornalistiche. Successivamente, è arrivata la conferma dell’impianto “accusatorio”: «Nel frattempo c’era stato uno scambio tra il garante e i soggetti nei confronti dei quali aveva emesso il primo provvedimento. Le motivazioni addotte, che sono simili per tutti, riguardano in particolare tre punti: la persona interessata quindi in questo caso Matteo Messina Denaro in realtà non si è lamentato, cioè non ha lamentato una lesione che gli sarebbe derivata dalla pubblicazione di questi dati, quindi su questo presupposto le agenzie dicono in realtà giornalistiche dicono “questo ci farebbe supporre che la pubblicazione non è stata lesiva”. Il secondo punto della difesa riguarda il fatto che delle notizie dettagliate sulla salute di questa persona e di Messina Denaro fossero state già diffuse da altre agenzie e rinvenibili in comunicati stampa presenti on line, per cui si sentono ingiustamente lese per il fatto che il provvedimento abbia toccato solo loro e non altri. La terza motivazione a scusante dice che in realtà la pubblicazione, la divulgazione di notizie specifiche sulla salute è da ritenersi questa informazione pubblicata sulla salute specifica è da ritenersi essenziale perché stiamo parlando dell’arresto di un pluri-pregiudicato appartenente a cosche mafiose. Insomma, hanno rivendicato il fatto che ci fosse ricorresse, in questo caso, il principio di essenzialità».

Considerazioni e tentativi di difesa a cui il Garante per la Protezione dei dati personali ha risposto punto per punto: «Da una parte, preliminarmente, dice che in realtà non è cambiata la sua valutazione circa i presupposti in base ai quali nel mese di gennaio aveva adottato il primo provvedimento. Afferma, con riguardo alla essenzialità dell’informazione, che in ambito giornalistico le regole deontologiche debbano essere più stringenti rispetto ad altre notizie, soprattutto quando si tratta di pubblicare dati che rivelano lo stato di salute. Quindi l’essenzialità va valutata in maniera più rigorosa quando si tratta di stato di salute, che è uno dei maggiori dati particolari». Ma occorre andare ancora oltre, valutando anche il contenuto, cioè cosa è stato fornito al lettore: «Non solo la notizia, ma proprio la cartella clinica rappresenta uno strumento di amplificazione della stessa che, quindi, contravviene al criterio dell’essenzialità. In secondo luogo, è stato pubblicato il referto e non solo la notizia e questo va a violare il paletto dell’essenzialità. Infine, la motivazione data dal fatto che l’interessato non si fosse lamentato della pubblicazione, il Garante dice che non si tratta di un aspetto rilevante».

E tra le motivazioni che, praticamente allo stesso modo, sono state inviate dalle quattro testate all’Autorità per giustificare la pubblicazione di quei dati sanitari di Matteo Messina Denaro, c’era anche il riferimento al fatto che quella cartella clinica fosse stata pubblicata già altrove: «Qui l’Autorità dà una valutazione “professionale”, evidenziando una mancata comprensione della portata lesiva del documento che hanno pubblicato e dimostrando, dice testualmente, una “assenza di sensibilità giuridica e deontologica” che chi fa informazione – e quindi diffonde notizie nel circuito informativo – dovrebbe avere più degli altri. Qui dà proprio una valutazione di mancanza di professionalità da parte di chi ha provveduto a divulgare e ha rifiutato di scusarsi dicendo “così fan tutti o così hanno fatto tutti”. Ora noi su questo dobbiamo a questo punto aspettarci che il Garante provveda a perseguire anche eventualmente altri soggetti che hanno effettuato la medesima pubblicazione».

Il ruolo dell’Ordine dei Giornalisti

A questo tavolo di valutazione dell’operato delle testate, manca un attore. L’Ordine dei Giornalisti. Alla luce dell’istruttoria aperta nel mese di gennaio e, ancor di più, viste le sanzioni nei confronti delle quattro testate, ci si sarebbe aspettati una reazione maggiore da parte del Consiglio Nazionale, ma per il momento tutto tace. Vitalba Azzollini, a Giornalettismo, spiega i diversi livelli su cui si possono differenziare le azioni di questi “attori”: «L’ordine dei giornalisti attiene a un altro piano e non sappiamo se a questo punto, proprio a seguito di queste sanzioni irrogate dal Garante, potrà farsi sentire. Certo c’è uno squilibrio, però dobbiamo anche dire che per quanto attiene all’essenzialità dell’informazione, ovviamente, dovrebbe esserci una profonda riflessione e valutazione. Evidentemente, anche gli altri profili possono dare delle utili informazioni all’Ordine dei giornalisti per procedere. Ora noi qui sappiamo che il Garante ha fatto una propria valutazione sul bilanciamento fra il diritto all’informazione, quindi la libertà di stampa e la libertà di informare ed essere informati, con i principi di dignità tutela dei dati sensibili dell’interessato. Potrebbe essere che l’Ordine dei giornalisti faccia una valutazione diversa o che, a seguito della pubblicazione di queste sanzioni, ritenga a propria volta di fare delle valutazioni ex novo su queste condotte».

E il problema rischia di essere “culturale”: «Si parte dal presupposto che la libertà di informazione non incontri paletti e prevalga su tutto. Il fatto che questa libertà sia sancita e sappiamo che comunque sia a tutela di presidio di democrazia dell’ordinamento, non ci deve far dimenticare nessuna libertà sancita costituzionalmente è totalmente priva di paletti. Il fatto che la libertà di stampa differenzi una democrazia rispetto a ciò che democrazia, non è non esclude che ci siano dei paletti rinvenibili in altre norme, soprattutto nel momento in cui si tratta di valori come la dignità e il decoro di una persona connesse al suo stato di salute. Qui probabilmente è il caso di andare a rimettere dei punti che ultimamente stanno sono un po sfuggiti di mano».

Il capitolo delle “reazioni social”

Ma quando si parla di “problemi culturali” non si può non fare riferimento a quella “mobilitazione” social diffusa contro chi aveva sollevato la questione: «Al di là di quel che hanno fatto i giornali, quello che ha spaventato è la reazione che io ho ricevuto personalmente sui social, dove ho fatto presente che c’erano dei paletti da rispettare. Le persone che mi dicevano “si tratta di una persona che ha commesso delitti efferati e tu ti preoccupi di tutelarne la privacy”. Ecco è questo che non giustifico, perché è qui – tra le altre cose e soprattutto – che c’è una mancanza di cultura e nel fatto che si reputi di fare una sorta di giustizia privata di cui, evidentemente, i giornali dovrebbero essere giudici ed esecutori. Questo non va bene, perché poi questo può attivare un circolo vizioso: il giornale sa che questo è ciò che chiedono i propri lettori, quindi che il giornale sulla sulla base delle prove acquisite, irroghi sanzioni alla persona interessata se si tratta di un omicida o di altro tipo di colpevole. Dunque, quella sensazioni di poter essere legittimato a fare tutto, perché comunque si tratta di una persona condannata dal tribunale e che quindi va anche condannata a livello mediatico».

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