Il mea culpa di Guerra (Oms): «Abbiamo sbagliato a far credere ai giovani che non si sarebbero ammalati»

L'autocritica sulla comunicazione relativa al coronavirus

30/09/2020 di Redazione

È intervenuto nell’ambito della rubrica settimanale della Fondazione Luigi Einaudi. Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms e referente in Italia dell’organizzazione mondiale della sanità, ha affermato che la scienza ha fatto un grave errore di comunicazione nei confronti delle giovani generazioni per quanto riguarda il coronavirus. Innanzitutto, la premessa parte dalla tipologia di diffusione dell’epidemia. Un’epidemia che non è affatto intelligente ma che, secondo Ranieri Guerra, si basa al contrario sulla stupidità di alcuni comportamenti dell’essere umano.

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Ranieri Guerra e l’autocritica sulla comunicazione relativa al coronavirus

«Quanto più intelligente è il nostro comportamento tanto è meno probabile che il virus attecchisca e circoli – spiega il funzionario dell’Oms alla Fondazione Einaudi -. Io credo che sia molto poco probabile che si possa andare verso una chiusura generalizzata. Credo anche che ci saranno poche chiusura localizzate, perché mi sembra di vedere una grande disciplina da parte dei cittadini».

Nonostante quest’ultimo spiraglio di ottimismo, da Ranieri Guerra arriva un mea culpa, che dovrebbe far riflettere il mondo della scienza e, nel complesso, delle istituzioni scientifiche che hanno anche avuto un ruolo ben preciso nell’orientare le scelte dei politici in tutto il mondo. Analizzando la seconda parte di questa pandemia, che si è verificata dal mese di agosto in poi, il direttore aggiunto dell’Oms ha affermato: «Noi abbiamo sbagliato la comunicazione con i ragazzi, gli abbiamo detto che non si sarebbero ammalati, che avrebbero contratto il virus ma non avrebbero avuto bisogno di assistenza ospedaliera o comunque di una assistenza sanitaria particolarmente seria e articolata».

Ranieri Guerra e le istituzioni che non hanno dato il giusto messaggio ai giovani

Un punto di vista, insomma, che rovescia la prospettiva. In tanti hanno pensato spesso che l’irresponsabilità dei ragazzi sia stata alla base di quanto accaduto a partire dal mese di agosto in poi. Le discoteche, la movida, i locali pubblici: il dito puntato contro le nuove generazioni è stato deciso e insistente. Ma nessuno, prima di Guerra, ha pensato che, forse, i messaggi sbagliati sono stati lanciati da parte di chi, di contro, doveva dare il buon esempio.

Ricordiamo tutti i primi giorni della pandemia, i distinguo che si facevano tra le classi d’età esposte al rischio contagio, alla pericolosità della malattia che colpiva gli anziani e alla percezione di immunità che invece veniva attribuita ai giovani (per un certo periodo, addirittura, questa stessa immunità veniva attribuita anche alle persone di pelle nera, cosa smentita successivamente dai fatti). Ora, è il momento di guardare al passato per recuperare il terreno perduto nella comunicazione del coronavirus. Il fatto che un primo segnale arrivi dall’Oms è molto importante.

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