È stato solo Israele a fare campagne adv con scopo di propaganda?

La propaganda (in questo caso anche tramite adv) si sta dimostrando un ingrediente fondamentale anche in questo conflitto, seppure fatta con metodologie diverse

02/11/2023 di Ilaria Roncone

Ci sono evidenze rispetto a una propaganda tramite adv fatta dall’altra parte, da parte di membri di Hamas o di coloro che sostengono la causa dal punto di vista dei palestinesi? Provando a verificarlo, Reuters ha affermato che non ci sono prove che simili sforzi siano stati messi in atto da nessuna delle parti in causa. Dall’altro lato, però, è importante tenere presente che la propaganda Hamas esiste – come è esistita, ad esempio, quella dell’Isis – e che punta ad avere effetti non solo su un pubblico occidentale ma anche su quello arabo.

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Propaganda Hamas e propaganda Palestina, non ci sono prove di adv

Le verifiche di Reuters non hanno portato a prove del fatto che, a livello di Hamas o a livello dell’Autorità Palestinese, si stia operando nella direzione di pagamento di adv. Sono stati trovati solo alcuni video in lingua araba promossi da Palestine Tv, un’agenzia di stampa affiliata all’Autorità Palestinese che ha sede in Cisgiordania.

Reuters ha provato a raggiungere i rappresentanti di Hamas per avere chiarimenti, ma non c’è stata risposta. Un rappresentate del ministero degli Esteri dell’Autorità Palestinese ha condiviso invece una dichiarazione in cui afferma che stanno lavorando per influenzare l’opinione pubblica condividendo le prove delle sofferenze subite a Gaza con i bombardamenti successivi al 7 ottobre, ma non è stata fatta alcuna affermazione rispetto alla pubblicità come mezzo di prpaganda.

Come approfondito di recente da The New Yorker, comunque, anche la guerra di Hamas – seppure a un livello ben diverso rispetto a Israele – è una guerra giocata sul terreno mediatico della propaganda. Tra i video che maggiormente hanno fatto il giro del web (e del mondo) ci sono quelli girati dai soldati di Hamas che – durante l’attacco nei Kibbutz del 7 ottobre – si sono fermati a girare contenuti che li vedono protagonisti insieme ad alcuni bambini.

Come arriva a propaganda di Hamas a israeliani e occidentali?

C’è il soldato con la maglietta Adidas che accarezza la schiena di un bambino attirandolo contro la sua spalla armata di kalashnikov; c’è il combattente in mimetica che fascia il piede di un bambino israeliano; c’è il POV di un altro combattente che, comunicando in inglese con un bimbo e riprendendolo, gli dice di ripetere la parola bismillah (che in arabo significa “in nome di Dio”).

Quest’ultimo filmato è stato pubblicato su un canale Telegram sei giorni dopo l’attacco – quando la narrazione di quello che era accaduto sui media occidentali pendeva ancora dalla parte di Israele, con i microfoni dati a chi paragonava Hamas all’Isis – con lo scopo puramente propagandistico di provare a fornire un altro punto di vista, di umanizzare – in qualche modo e piuttosto goffamente, secondo il parere di diversi analisti – i combattenti di Hamas. In un certo momento ha cominciato a girare anche un video in cui un combattente a volto coperto prende in braccio due bambini e, a favore di telecamera, afferma: «Guardate la misericordia nei nostri cuori. Questi bambini non li abbiamo uccisi come voi».

Da analisti e pubblico occidentale, in molti casi, questo tipo di propaganda è stata definita controproducente: i combattenti hanno i volti oscurati, le voci modificate per non far riconoscere la propria identità. Il risultato sono dei non volti che, con voci dure e artefatte, risultano essere solo ancor più mostruosi accanto a dei bambini.

Come arriva, invece, a palestinesi e arabi?

Risulta fondamentale sottolineare come – per questioni linguistiche, culturali, di vissuto personale e mille altri differenti fattori – questi stessi video abbiano ottenuto un risultato molto diverso quando il pubblico era palestinese o arabofono. Lo stesso video in cui il bimbo dice bismillah è stato ricondiviso sulla pagina Facebook di Al Jazeera per l’Egitto ed è stato visto oltre 1,4 milioni di volte, raccogliendo 75mila like e circa 3mila commenti positivi tra cui c’è chi ha elogiato «la moralità dei combattenti della resistenza islamica».

Dopo questi video, ci sono stati quelli degli ostaggi israeliani messi di fronte a una telecamera che affermano di stare bene ed essere trattati bene. C’è stato un ventunenne che si è identificato con il nome di Mia Shem e ha affermato di aver ricevuto cure mediche da parte di Hamas per una ferita al braccio: «Si stanno prendendo cura di me e mi stanno dando le medicine, va tutto bene». Il punto qual è? Per quanto questo tipo di propaganda possa avere poco impatto tra gli occidentali, la percezione nel mondo arabo sembra essere differente. A sostenerlo è stato – parlando con The New Yorker – Ghaith al-Omari, ex consigliere dell’Autorità Palestinese sostenuta dall’Occidente e oppositore di Hamas: secondo lui questi video hanno convinto molti arabi che i combattenti di Hamas, a differenza di quelli di Isis, «sono umani e rispettano le leggi islamiche della guerra. È risuonato in tutto il mondo arabo. Questa è ora la linea che si vede non solo nei media di Hamas, ma nella maggior parte dei media arabi, in Giordania, Egitto e Nord Africa. La narrazione dominante è diventata quella di Hamas».

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