I social a pagamento e la profilazione basata sul “legittimo interesse”

Già il GDPR aveva dato alcune indicazioni e anche il testo del Regolamento ePrivacy va nella stessa direzione: il trattamento dati attraverso cookie non può avvenire per inseguire "l'interesse" della società che offre un servizio attraverso una raccolta dati

04/10/2023 di Enzo Boldi

Tutti i nuovi Regolamenti Europei che riguardano il comparto dell’ecosistema tecnologico e digitale si fondano su un principio ineludibile: la trasparenza. Se ne parla all’interno del GDPR, nel Digital Service Act e nel Digital Markets Act. Trasparenza nelle comunicazioni, soprattutto, con le aziende che gestiscono e sviluppano piattaforme online e app che devono necessariamente spiegare agli utenti le loro policies, soprattutto quelle relative al trattamento dei dati personali e di quelli raccolti durante le navigazioni. Ora che il paradigma sta cambiando rispetto al passato, con molte piattaforme social che stanno offrendo (altre sono in procinto di farlo) versioni e pagamento – tramite abbonamento – per evitare di visualizzare contenuti pubblicitari nei feed (quindi cancellando il tracciamento), occorre sottolineare come i concetti di profilazione e legittimo interesse di queste società non sia previsto come base giuridica di “contratto”.

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Questo concetto è già presente all’interno del GDPR e regolamentato all’articolo 6 del Regolamento Europeo (quello che si occupa della liceità del trattamento). Al paragrafo 7, infatti, è scritto:

«Il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore». 

Leggendo questo testo, sembra proprio che profilazione e legittimo interesse siano leciti anche per attività di marketing. Perché non si tratta di un tracciamento che va a ledere (ovviamente previo consenso da parte dell’utente) gli interessi, i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini. Ma il Regolamento ePrivacy agisce secondo un altro livello.

Profilazione e legittimo interesse, cosa dicono le norme

Innanzitutto occorre spiegare un principio: il Regolamento ePrivacy non è ancora in vigore, ma va ad abrogare dei princìpi già inseriti e in vigore dal 2002 nella direttiva e-Privacy. All’interno si fa riferimento proprio alla fattispecie profilazione e legittimo interesse da parte del titolare del trattamento giuridico e lì si spiega che tutto ciò non rientra come base giuridica quando si effettua un tracciamento a scopi pubblicitari. Tracciamento e non trattamento dei dati. Qui scatta la differenza tra quanto indicato nel GDPR e quanto scritto in questo Regolamento che dovrebbe entrare in vigore tra la fine del 2023 e l’inizio del prossimo anno.

Dunque, parliamo di cookie (elemento necessario per procedere alla raccolta di dati e al tracciamento). L’interesse legittimo è escluso dalla base giuridica per il rilascio di questi strumenti di profilazione a meno che non siano utilizzati per dei concreti interessi legati alla sicurezza e al funzionamento della piattaforma: dalla misurazione dell’audience agli aggiornamenti, passando per situazione emergenziali e prevenzione di truffe o frodi telematiche. Sono escluse, dunque, le attività di marketing. Quindi, come linea di principio, una piattaforma social non può raccogliere dati per fini pubblicitari.

 

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