Una buona produzione televisiva può evitare gli errori del Var, dice Popi Bonnici

Per anni è stato il coordinatore delle regie per la Lega Serie A. Ed è proprio questo il tema su cui approfondire un approfondimento tecnico su quanto accaduto in Juventus-Salernitana e la posizione in campo di Antonio Candreva

14/09/2022 di Enzo Boldi

Un errore umano. Una disattenzione tecnica di chi non ha rispettato un protocollo di regia sul dove, come e quando “puntare” l’occhio della telecamera all’interno di un impianto sportivo. A parlare è Popi Bonnici, storico regista sportivo che dal 2015 al 2021 è stato il coordinatore delle regie per la Lega Serie A. Già all’indomani del controverso episodio “arbitrale” sul finale del match di Torino tra Juventus e Salernitana (il gol del 3-2 annullato al bianconero Milik per un fuorigioco – considerato attivo – di Bonucci individuato senza tenere conto della posizione del difendente avversario Candreva), lo stesso Bonnici aveva posto l’accento sulla genesi di quell’errore. Che non è propriamente del sistema VAR, ma della gestione umana delle immagini.

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Oggi, nella sua intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, ha estrinsecato ancora meglio il suo pensiero in difesa del VAR, ovvero della bontà del supporto tecnologico a sostegno della quaterna arbitrale in campo. In particolare, si parla di errore umano. Del cameraman che fisicamente aveva in mano quella telecamera che inquadrava quella zona del campo in occasione del calcio d’angolo e del gol annullato all’attaccante della Juventus:

«La regola era questa e la ripetevamo a ogni briefing pre-partita: la telecamera dei 16 metri, quella che ha ripreso il gol in diretta, deve sempre inquadrare sia l’ultimo difendente che il primo attaccante. Proprio per essere sicuri di poter usare correttamente il VAR in caso di fuorigioco senza perdersi figure laterali».

Questa regola fa parte di un protocollo di regia. Perché le immagini a disposizione della sala VAR (al cui interno lavorano due arbitri e i tecnici) sono proprio quelle immortalate da quelle telecamere. Insomma, è la produzione televisiva a “produrre” quei frame messi a disposizioni dai direttori di gara che non sono in campo e utilizzano lo strumento tecnologico per dare supporto a chi, invece, “amministra” una partita dal campo.

Popi Bonnici spiega il motivo tecnico dell’errore del VAR

E questo è un aspetto non importante, ma fondamentale. Perché nella spiegazione tecnica fornita da Popi Bonnici emerge una tendenza sbagliata da parte di chi non rispetta un protocollo coordinato. Perché quella telecamera ha stretto troppo verso la porta, costringendo gli arbitri VAR a non avere una visuale completa di quell’azione. Un angolo cieco, mancante. Lì si trovava Antonio Candreva che, come ricostruito dopo il triplice fischio sia da SkySport che da Dazn (ma anche dalla Rai), con la sua posizione teneva in gioco Leonardo Bonucci nell’area di rigore della Salernitana.

Di chi è la colpa?

Nella stessa intervista, lo stesso Popi Bonnici ha spiegato che errori analoghi (evidentemente con un peso mediatico inferiore) sono avvenuti anche durante il suo ruolo di coordinatore delle regie per i match di Serie A. In alcune occasioni, infatti, ha dovuto richiamare l’operatore in loco (ovvero il cameraman) affinché non stringesse troppo le immagini e permettendo di avere una visuale totale dell’area di rigore. Insomma, immortalare tutti gli attori protagonisti, partendo dall’ultimo difendente. Dunque, chi sta demonizzando il sistema VAR sbaglia. Perché l’errore è meramente umano:

«L’operatore deve stare attento e non stringere l’inquadratura. Ma ci sono tanti errori: se tu al Var vedi che il guardalinee non fa una grinza e dà per buono il gol, vuoi farti venire il dubbio? Cerca il replay, e se non vedi tutto il campo cercane un altro. Se poi scegli le immagini per avvalorare un ragionamento che hai fatto tu guardando le immagini, sbagli. Ma fallisce l’uomo, non dite che fallisce il Var».

Tutto parte dalle immagini (dal momento in cui vengono immortalate a quello in cui vengono valutate). Se c’è una ripresa stretta, è compito dell’arbitro incaricato nella sala dedicata cercare di scandagliare tutti i frame possibili da tutte le telecamere presenti. Insomma, a prescindere da tutto, non è l’assistenza tecnologica a commettere un errore, ma l’essere umano.

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