Come opposizioni e Usigrai hanno preso le nuove regole sulla par condicio (spoiler: male)
Un coro di riscontri negativi rispetto all'emendamento proposto da Fratelli d'Italia, Lega e Noi Moderati
11/04/2024 di Gianmichele Laino
C’è chi dice no. Le opposizioni sono sulle barricate – anche se la cosa non sembra occupare particolare spazio all’interno dei siti di informazione – rispetto all’emendamento che modifica le regole del gioco quando si parla di par condicio. Come abbiamo visto, infatti, Lega, Fratelli d’Italia e Noi Moderati hanno avuto vita facile in commissione di Vigilanza Rai a far passare un provvedimento che va a scorporare dal tempo di esposizione televisiva previsto in campagna elettorale per gli esponenti politici quello dedicato alle figure istituzionali. Il risultato è che presidente del consiglio e ministri (verosimilmente presenti nelle liste delle europee) beneficeranno di un trattamento diverso per quanto riguarda la loro esposizione pubblica audiovisiva in tempo di campagna elettorale. E questa cosa fa protestare i partiti di opposizione (come Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, ma anche Alleanza Verdi Sinistra) che saranno penalizzati da questa nuova distribuzione del tempo d’intervento dei politici, ma anche i dipendenti Rai.
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Opposizioni sulla par condicio, cosa non torna rispetto alle modifiche effettuate
Innanzitutto, l’emendamento non piace ai giornalisti Rai che intravedono nelle modifiche alla par condicio una serie di limitazioni alla professione e all’esercizio della stessa in ambito servizio pubblico. L’Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai, ha espresso le sue perplessità: «La maggioranza di governo – hanno scritto i giornalisti – ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla». L’Usigrai non condivide questa impostazione che innalzerebbe una barriera tra i politici, le loro parole e le domande dei giornalisti (che devono – o dovrebbero – incalzare sulle mancate risposte o far notare incongruenze ed eventuali fake news).
Ovviamente, le modifiche avranno la prima ricaduta diretta sui partiti di opposizione che, non rivestendo dei ruoli istituzionali, faticheranno ad avere lo stesso peso specifico che in televisione, nel corso della campagna elettorale, avranno Giorgia Meloni e colleghi di governo. Nella fattispecie, il PD ha parlato della deriva orbaniana (il riferimento è al presidente ungherese Viktor Orban, non proprio famoso per la libertà di stampa concessa nel Paese) del governo, ricordando come l’emendamento sia stato approvato con i voti della sola maggioranza. E il tema della par condicio, così come quello delle eventuali riforme elettorali, dovrebbe essere disciplinato dal più vasto consenso delle forze politiche, essendo una questione di “regole del gioco” e non programmatica o ideologica. Francesco Boccia, capogruppo al senato del Pd, ha detto che il parlamento «è diventato on demand, rispetto alle esigenze del governo». Di deriva orbaniana ha parlato anche Alleanza Verdi Sinistra.
Il capogruppo M5S in commissione di Vigilanza Rai Dario Carotenuto ha espresso la sua preoccupazione per la decisione che è stata presa: «La maggioranza si è posta con un atteggiamento inaccettabile, ha imposto una norma che dà il via libera agli interventi dei ministri nelle trasmissioni di approfondimento, così che Meloni e i suoi potranno parlare liberamente nei talk e nelle trasmissioni con la scusa della comunicazione istituzionale».