La ‘caccia’ mediatica alla nuova ‘paziente 1’ italiana non serve a nulla
Oggi la pubblicazione dei risultati di una ricerca, utile ai fini scientifici ma non definitiva
11/01/2021 di Enzo Boldi
C’è uno studio che è reale, ma che viene ripreso dai media italiani con un’enfasi che ha poco senso. Si tratta della nuova scoperta: la nuova paziente 1 italiana è una donna milanese che, già nella prima decade di novembre, presentava uno dei sintomi. Tutto ciò è emerso da alcune analisi che hanno rilevato la presenza del virus sulla 25enne, ma la caccia mediatica al titolone da prima pagina è del tutto fuori luogo. Proviamo a spiegare il perché.
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Partiamo da un fatto incontrovertibile: la studio citato da Ansa (ma anche da moltissime altre testate che hanno raccontato la vicenda della nuova paziente 1 italiana) è reale e ha tutti i crismi scientifici. È stato condotto, infatti, da un gruppo di ricercatori (guidato da Raffaele Gianotti) dell’Università Statale di Milano. I risultati dello studio sono stati pubblicati British Journal of dermatology. Perché su questa rivista che tratta temi specifici legati alla dermatologia? Perché tracce di Coronavirus sono stati ritrovati su una donna di 25 anni all’inizio di novembre. La giovane era stata sottoposta a una biopsia cutanea per una ‘dermatosi atipica’ (sindrome che colpisce un numero relativamente basso di pazienti positivi al Sars-CoV-2).
Nuova paziente 1 in Italia, la spasmodica attenzione italiana
Tutto vero, dunque. Ma molto parziale. Perché, come annunciato dallo stesso Gianotti all’Ansa, probabilmente si potrà risalire a contagi anche più indietro con il tempo e, nei prossimi mesi, saranno pubblicati ulteriori risultati per cercare di individuare le prime fonti del virus anche nei mesi precedenti. Ma qui subentra un altro aspetto che difficilmente porterà a una quadra in questa ricerca del paziente 1 italiano.
Cosa dovrebbe esser fatto, ma non può esser fatto
Tutti questi studi, che seguono determinati crismi scientifici, si basano su sintomi riconosciuti o riconoscibili. La nuova paziente 1 italiana viene definita così dopo mesi di ricerche, ma occorre sottolineare un aspetto che – a quasi un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria – viene troppo spesso sottovalutato. Nessuno studio è riuscito a dimostrare se il possibile paziente 1 sia stato un asintomatico: insomma, una persona che non ha prodotto sintomi e per questo difficilmente sarà individuato. Perché la rilevazione potrebbe avvenire solamente con test sierologici a tappeto. Anzi, poteva. Perché, come confermato dalle evidenze scientifiche di pubblico dominio, gli anticorpi al Sars-CoV-2 non hanno una durata illimitata nel tempo. E ora, a quasi un anno dall’inizio dell’emergenza (quella palesata), un eventuale portatore asintomatico del virus non potrà più essere individuato. Insomma, questa spasmodica corsa al titolo a effetto è del tutto fuori luogo.