Il vizio di Musk di denunciare chi fa monitoraggio su odio e disinformazione

Elon Musk combatte chi monitora odio e disinformazione sui social, evidenziando la necessità di interventi in tal senso, a colpi di cause

24/08/2023 di Ilaria Roncone

Il clima è teso nel mondo. Tra l’influenza dell’AI e l’influenza dei social sulle elezioni, in molti si domandano cosa accadrà alle prossime europee e alle elezioni americane del 2024. Oltre alla questione dei Fact Check Files di cui stiamo parlando oggi, Elon Musk sta mettendo in campo – in questi mesi – anche un altro tipo di azione: quella contro chi fa monitoraggio di odio e disinformazione sui social. Lo abbiamo visto con la causa al Center for Countering Digital Hate, celebre realtà che monitora l’odio online e che è responsabile di diversi rapporti di livello sulle questioni odio e disinformazione, e lo vediamo con l’intenzione annunciata via Twitter di fare causa alla ONG di Soros (Open Society Foundations) che ha pubblicato un rapporto sugli episodi di odio in aumento.


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Musk contro Soros dopo la vendita delle azioni Tesla

C’è una recente questione che è importante ricordare. George Soros ha scelto di liquidare la sua partecipazione da 16 milioni di dollari in Tesla e Elon Musk, a distanza di qualche giorno, lo ha attaccato paragonandolo a Magneto: «Soros mi ricorda Magneto, odia l’umanità e vuole erodere la struttura stessa della civiltà». La quota di Tesla venduta da Soros lo scorso maggio è piuttosto esigua, con un valore di 16 milioni di dollari in Tesla (la quale capitalizza oltre 500 miliardi). La scelta di Soros non è stata solo per le azioni di Tesla ma, al contrario, ha coinvolto un po’ tutto i comparto di Big Tech e anche un altro produttore di auto elettriche, Rivain. Tra le aziende tech sono state tagliate le posizioni di Amazon, Salesforce e Alphabet.

A colpi di cause per chiunque metta a rischio la libertà di parola secondo Musk

Parte coi pesci piccoli, come il Center for Countering Digital Hate, e arriva anche a quelli grossi, come Soros: tutto pur di affermare la libertà di espressione e di pensiero a modo suo (ricordiamo che, come abbiamo scritto in un altro articolo del monografico di oggi, quando gli ha fatto comodo Elon Musk ha bannato una serie di giornalisti).

Un’osservazione molto pertinente che aiuta a capire cosa possa significate – soprattutto per una realtà piccola – essere portati in tribunale dall’uomo più ricco del mondo la fornisce Imran Ahmed, amministratore delegato del Center for Coutering Digital Hate (CCDH) nel corso di un’intervista recente in cui commenta la scelta di Musk di fare causa in questo modo molto semplice ed efficace, in riferimento al fatto di aver segnalato cento tweet che palesemente violano le regole sull’odio vedendone rimosso solo uno: «È essenzialmente l’equivalente del controllo qualità in una fabbrica: se produci cinquemila torte alla crema al giorno, ne prendi cento e le provi (il lavoro dei miei sogni) e novantanove sono tossiche, è la tua reazione? , “Non preoccuparti, è solo quel novantanove.” Oppure la tua reazione è: “Guarda, dobbiamo chiudere la fabbrica e capire cosa diavolo sta andando storto!”? La reazione di Musk non è nessuna di queste: ha fatto causa alla persona che ha prelevato i campioni».

Dal rapporto in questione, tirando le somme, è emerso come – da quando Musk ne è diventato CEO – Twitter (ormai X) si sia riempito di odio: Musk «ha lanciato il Bat-segnale ai razzisti, ai misogini, agli omofobi, agli antisemiti» andando a reintegrare molti account bannati per molestie in precedenza.

L’opera di dissuasione di Musk tramite queste cause

La CCDH è una realtà che non prende soldi né dalle piattaforme né dai governi e che ora deve affrontare le spese della causa di Musk. Ahmed ha fatto notare, nell’intervista, che dopo aver messo sostanzialmente X davanti a uno specchio la reazione di chi è a capo dell’azienda sia stata quella di provare a dissanguarli: «Ogni giornalista saprà che le persone cercano di dissanguare le piccole organizzazioni attraverso contenziosi strategici: parte del declino del nostro settore dell’informazione locale è dovuto a organizzazioni relativamente piccole, senza le dimensioni necessarie per assorbire una serie di minacce legali da parte di una persona scontenta».

«Ora, ciò può distruggere le organizzazioni, ma può anche cambiare il modo in cui lavorano altre organizzazioni. Pensano: “Briciole, non voglio sperimentare una cosa del genere”. Quindi c’è un effetto generale sul resto del settore da dissuadere, da far pensare alla gente: “Sai una cosa, forse affrontare Musk è troppo costoso. Dovremmo concentrarci su Zuckerberg, TikTok e YouTube», ha spiegato l’AD.

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