Le piattaforme social stanno facendo fatica a gestire la disinformazione sul conflitto in Ucraina

Le maggiori piattaforme social stanno avendo parecchi problemi a gestire la mole di disinformazione sul conflitto in Ucraina

25/02/2022 di Ilaria Roncone

Mentre su un fronte Meta e Twitter provano a implementare le misure di sicurezza online per garantire privacy e sicurezza dei cittadini – con scarsi risultati – sull’altro le big tech devono rendere conto di quello che sta succedendo tramite i social. Questa guerra è fatta di propaganda social e di account istituzionali o legati alle istituzioni che non si fanno scrupolo nel condividere video e immagini non verificate. In particolar modo il Cremlino è sempre stato in prima linea in questo senso, sfruttando i social per diffondere nel mondo informazioni manipolate per scopi precisi. Ecco che allora le piattaforma, finite nuovamente nel mirino della società, stanno provando a difendersi e a combattere la disinformazione russa.

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Tutte le piattaforme sono un bacini di disinformazione russa

Di disinformazione su quello che accade ora dopo ora in Ucraina in questi giorni – così come su quello che è accaduto nelle scorse settimane – sui social continuiamo a trovarne moltissime. Tutti video e immagini che, presi per buoni, raccolgono milioni di interazioni e di like inquinando la narrazione del conflitto in tutti i suoi ambiti. Tra le fake news peggiori di cui i social hanno permesso la diffusione c’è senz’altro la bugia sul genocidio che gli ucraini avrebbero compiuto a danno delle minoranze russofone, una scusa che è stata utilizzata da Putin per sferrare un attacco “giustificato”. Si è parlato anche di presunti attacchi con le armi chimiche da parte della NATO nei territori separatisti per creare ulteriore confusione.

Per capire quanto frutti la disinformazione ai social basti pensare – come fa notare Politico – che sottolinea come negli ultimi sette giorni su Facebook abbiano fruito di disinformazione di questo tipo 4 milioni di contatti mentre la pagina principale di Fox News, nello stesso lasso di tempo, ha ricevuto 3,8 milioni di contatti. Liubov Tsybulska, fondatrice del Centro per la comunicazione strategica dell’Ucraina e che monitora le minacce frutto degli attacchi ibridi e della disinformazione, ha riferito come «vediamo che ci sono molti, molti tentativi di incolpare l’Ucraina per l’uccisione di civili, dicendo che l’esercito ucraino sta cercando di attaccare» e – in generale – «le attività di propaganda si sono intensificate molto nelle ultime settimane».

Cosa stanno facendo i social

Intanto i legislatori europei e americani stanno cominciando a chiedere conto del preoccupante aumento della disinformazione. Facebook, Yputube, Twitter e TikTok hanno investito miliardi di dollari negli ultimi anni per migliorare il funzionamento degli algoritmi che etichettano i post problematici e per assumere moderatori che scadaglino il web alla ricerca di contenuti problematici.

La grande confusione che si sta vivendo in Europa orientale, però, mette a dura prova i meccanismi di moderazione di questi social. La verifica dei contenuti è un procedimento complesso, che richiede tempo e – in alcuni casi – si stanno verificando errori. Un esempio è quanto accaduto al legislatore francese Françoise Ballet-Blu, che si è visto cancellare su TikTok un video sull’Ucraina che aveva pubblicato per aver violato le regole della piattaforma.

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