Cosa rischiano gli haters che minacciavano via mail Speranza per le chiusure anti-Covid

Sono 4 le persone indagate in tutta Italia

02/04/2021 di Gianmichele Laino

Mandavano le mail al ministro della Salute Roberto Speranza, pensando che – dietro allo schermo di un computer o a una tastiera – le proprie parole potessero perdersi, nascoste dietro all’utilizzo di server collocati al di fuori dell’Unione Europea. E invece, quelle mail che contenevano minacce, anche di morte, nei confronti di Speranza, sono state salvate e rappresentano la principale prova su cui si basano le indagini che vedono coinvolte quattro persone in tutta Italia con l’accusa, appunto, di minacce aggravate.

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Minacce a Speranza via mail, la situazione delle indagini

È stata la procura della Repubblica di Roma a coordinare un’indagine comunque complessa, che ha visto la collaborazione di diversi nuclei delle forze dell’ordine. I Nas nelle province di Torino, Cagliari, Varese ed Enna hanno effettuato delle perquisizioni nelle abitazioni di quattro soggetti che, adesso, sono iscritti nel registro degli indagati.

Le minacce sono state l’oggetto di diverse mail inviate all’indirizzo del ministro della Salute dall’ottobre del 2020 al gennaio del 2021. Le persone indagate sono residenti proprio nelle aree di competenza dei quattro reparti del Nas che abbiamo citato in precedenza. Le parole che venivano utilizzate in queste mail erano pesantissime: arrivavano a coinvolgere, nelle minacce, non soltanto il ministro della Salute originario di Potenza, ma anche i componenti della sua famiglia. Impossibile passarci su. Ora, tutto il materiale dei dispositivi elettronici delle persone coinvolte verrà esaminato dalle autorità competenti dopo i sequestri effettuati dalle forze dell’ordine.

I rischi per i 4 haters di Speranza

Un sistema decisamente complesso, che ha portato i magistrati a voler approfondire la situazione: l’utilizzo di server esterni all’Unione Europea, infatti, ha innalzato il grado di pericolosità degli indagati, che non potevano essere considerati dei semplici “leoni da tastiera”, come se ne leggono tanti – purtroppo – sui social network. Le minacce erano legate alle chiusure causate dal coronavirus, indicando nel ministro della Salute il responsabile per le politiche restrittive nell’ambito delle attività pubbliche quotidiane. Tra i messaggi ricevuti (le persone che li hanno inviati hanno tra i 35 e i 55 anni) compaiono frasi come: «Invece che il lockdown ti ammazziamo la famiglia, tu vuoi affamare l’Italia … noi prima o poi ti spelliamo vivo».

Alle quattro persone viene contestato il reato di minaccia aggravata, previsto dall’art. 612 del Codice Penale. Se le indagini dovessero andare avanti e se si dovesse finire a processo, i giudici dovranno valutare la sussistenza dei presupposti della minaccia dietro uno scritto anonimo, che potrebbe comportare una pena fino a un anno di reclusione (il minimo, invece, prevede una multa di poco superiore ai mille euro).

Foto IPP/Fabio Cimaglia

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