Milano, 1 donatore di sangue su 20 era già stato contagiato prima del paziente 1 di Codogno
20/05/2020 di Ilaria Roncone
Una ricerca fatta dal Policlinico di Milano sui donatori di sangue tramite test sierologici ha provato come il virus fosse in città già settimane prima rispetto al caso di Codogno. Ed era presente anche in persone asintomatiche. I risultati dell’indagine hanno evidenziato come il virus avrebbe colpito in primis i giovani, riuscendo poi ad arrivare agli anziani. 1 su 20: questo il rapporto dei contagi ottenuto dallo studio effettuato su 800 donatori di sangue.
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Prima dell’inizio registrato dell’epidemia, il 4,6% dei donatori aveva già gli anticorpi
Dalla ricerca effettuata – pubblicata in anteprima sul sito medRxiv – emergono dati chiari. All’inizio dell’epidemia il 4,6% dei donatori aveva già gli anticorpi contro il coronavirus, dato che è salito a 7,1% all’inizio di aprile. Questo studio può dare qualche primo indizio su basi scientifiche dell’entità del contagio sommerso nella città meneghina. A progettare e coordinare lo studio sono stati Daniele Prati e Luca Valenti del Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia del Policlinico di Milano con Gianguglielmo Zehender dell’Università degli Studi di Milano e diversi altri ricercatori provenienti dall’Ospedale Luigi Sacco e dall’Istituto Europeo di Oncologia. Il campione di donatori analizzato si era presentato tra il 24 febbraio e l’8 aprile.
Il coronavirus ha contagiato prima i giovani
Come evidenziano i ricercatori che hanno portato a termine lo studio, il «durante le fasi dello studio caratterizzate dalle misure di distanziamento sociale c’è stato un aumento progressivo di questa sieroprevalenza fino al 7,1%, soprattutto nelle IgG, ovvero nelle infezioni meno recenti e quindi con una immunità già sviluppata». Oltre a questo è stato evidenziato che «questo progressivo aumento della percentuale dei soggetti esposti si è riscontrato soprattutto nei più giovani, mentre le infezioni più recenti (segnalate dall’aumento delle IgM) erano associate soprattutto ai donatori più anziani». Da qui la logica conclusione che «ci dice chiaramente come molti avessero già incontrato il virus, ma anche come siamo ben lontani dall’immunità di gregge», afferma Daniele Prati.
(Immagine copertina da Pixabay)