Meta, TikTok e YouTube potrebbero finalmente dover iniziare a condividere i dati con i ricercatori

Un'audizione al Senato degli Stati Uniti, mercoledì scorso, ha sottolineato la necessità che le grandi aziende tecnologiche conducano attività trasparenti

08/05/2022 di Martina Maria Mancassola

Mercoledì scorso, durante un’audizione intitolata «Trasparenza della piattaforma: comprensione dell’impatto dei social media», si è dibattuto – davanti ai membri del Congresso degli Stati Uniti – sulla necessità di una legislazione in grado di richiedere alle grandi piattaforme tecnologiche di rendersi disponibili a condividere i dati che raccolgono con ricercatori qualificati e membri del pubblico. Un importante atto legislativo sul tema, il Platform Transparency and Accountability Act, è stato introdotto a dicembre da un gruppo di senatori. Proprio uno di quei senatori, Chris Coons del Delaware, ha guidato l’udienza di mercoledì; era presente anche la senatrice Amy Klobuchar del Minnesota. Durante l’incontro, Coons e i suoi esperti hanno discusso circa la necessità di chiedere alle piattaforme di condividere con loro i dati degli utenti che raccolgono e utilizzano: l’obiettivo è quello di portare Meta, TikTok e Youtube a condividere i dati che raccolgono sulle loro piattaforme con i ricercatori.

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Meta, TikTok e Youtube dovrebbero iniziare a condividere i dati che raccolgono con i ricercatori

La prima domanda del Congresso è stata: perché è necessaria tale condivisione, tale collaborazione tra autorità e società Big Tech? Il Senato ha interpellato Brandon Silverman, co-fondatore dello strumento per la trasparenza CrowdTangle, che a marzo veniva intervistato da Platformer e dichiarava: «La prossima evoluzione nel pensare alla gestione sicura di piattaforme di grandi dimensioni dovrebbe riguardare il potenziamento della società civile, dai giornalisti ai ricercatori, dalle organizzazioni non profit ai verificatori di fatti alle organizzazioni per i diritti umani, con l’opportunità di aiutare». CrowdTangle è uno strumento che permette a ricercatori, giornalisti e altri di visualizzare, in tempo reale, la popolarità di link e post su Facebook e di capire come si stanno diffondendo. I ricercatori che da tempo analizzano gli effetti dei social network sulle persone e sulla democrazia hanno affermato che trarrebbero grandissimi vantaggi dall’avere una visione di questo tipo sulla divulgazione dei contenuti su YouTube, TikTok e altre enormi piattaforme. Silverman descrive l’esperienza di Facebook nell’acquisizione di CrowdTangle, strumento che inizialmente – come ha documentato Kevin Roose sul New York Times -, la società aveva acquistato per corteggiare gli editor e che poi invece si era ritorto contro i proprietari della stessa. L’anno scorso, Facebook scioglieva il team di CrowdTangle per ricrearlo come «riorganizzazione», ma anche se lo strumento rimane attivo, riceve ormai pochi investimenti dalla società madre. 

Lo scorso ottobre, Silverman lasciava l’azienda Meta per promuovere la sua missione in CrowdTangle fuori da Facebook: ora, la collaborazione tra il gruppo bipartisan di senatori e le Big Tech sulle nuove leggi comporterebbe per Meta, e altre società di piattaforme, l’obbligo di divulgare il tipo di informazioni che si possono ancora trovare su CrowdTangle oggi. Secondo Silverman «L’unica sfida più grande è che nel settore in questo momento, puoi semplicemente farla franca senza fare alcuna trasparenza», il quale aggiunge che «YouTube, TikTok, Telegram e Snapchat rappresentano alcune delle piattaforme più grandi e influenti degli Stati Uniti e non forniscono quasi nessuna trasparenza funzionale nei loro sistemi. E di conseguenza, evitano quasi tutto il controllo e le critiche che ne derivano». Anche Nate Persily, professore alla Stanford Law School, è molto legato a questo tema e ha dichiarato che è necessario portare alla luce le irregolarità che accadono all’interno delle piattaforme più grandi: «Non dovremmo aspettare che gli informatori fischiino», aggiungendo che «Questo tipo di legislazione sulla trasparenza consente agli estranei di avere un’idea migliore di ciò che sta accadendo all’interno di queste aziende».

La legislazione nello specifico

Che cosa, dunque, dovrebbe introdurre la legislazione ora in esame? Lo Stanford Policy Center ha riassunto quali caratteristiche dovrebbe avere: «Consente ai ricercatori di presentare proposte alla National Science Foundation. Se la NSF supporta una proposta, le piattaforme di social media dovrebbero fornire i dati necessari, soggetti a tutele della privacy che potrebbero includere l’anonimizzazione o “stanze bianche” in cui i ricercatori potrebbero rivedere materiale sensibile; concede alla Federal Trade Commission l’autorità di richiedere la divulgazione regolare di informazioni specifiche da parte delle piattaforme, come i dati sul targeting degli annunci; la commissione potrebbe richiedere alle piattaforme di creare strumenti di ricerca di base per studiare quali contenuti hanno successo, in modo simile al design di base di CrowdTangle di proprietà di Meta; impedisce alle piattaforme di social media di bloccare le iniziative di ricerca indipendenti; sia i ricercatori che le piattaforme riceverebbero un porto sicuro legale relativo ai problemi di privacy».

Che cosa si è fatto fino ad oggi? Non molto, perché la maggior parte dell’attenzione sulla regolamentazione delle piattaforme tecnologiche ha visto i membri del Congresso tentare di regolare la parola, sia a livello individuale che aziendale. Nate Persily ha aggiunto che: «Una volta che le piattaforme sapranno di essere osservate, cambierà il loro comportamento», e che «Non saranno in grado di fare certe cose in segreto che sono stati in grado di fare fino ad ora». Insomma, le piattaforme probabilmente cambieranno i loro prodotti anche a causa del maggiore controllo. Anche Daphne Keller, direttrice del programma sulla regolamentazione delle piattaforme a Stanford, è intervenuta durante il Congresso statuendo che bisognerebbe considerare con attenzione quali tipi di dati richiedono la divulgazione delle piattaforme: «Niente di queste leggi sulla trasparenza dovrebbe cambiare le tutele degli americani ai sensi del quarto emendamento o leggi come lo Stored Communications Act, e non credo che questa sia l’intenzione di nessuno qui», aggiungendo «Ma una redazione chiara è essenziale per garantire che il governo non possa aggirare efficacemente i limiti del quarto emendamento sfruttando il potere di sorveglianza senza precedenti delle piattaforme private».

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