Sui social Meloni invoca libertà di parola, per i manifestanti in piazza chiama la Lamorgese

Nel rush finale prima delle elezioni 2022, Meloni chiama in causa le Big Tech e le loro policy che intaccano - a suo dire - la libertà di parola

20/09/2022 di Redazione

Giorgia Meloni corre ed è in dirittura di arrivo, in questa ultima settimana prima delle elezioni 2022, e lo fa bene. Oggi, sui suoi profili social, è toccato alle Big Tech: le società che gestiscono le piattaforme social sono state messe al centro di un video in cui si afferma – come si legge nel copy abbinato -: «Sui social network devono valere le stesse regole che esistono sugli altri mezzi di informazione. La libertà di parola e la trasparenza nella gestione dei nostri dati non possono essere messi in discussione: lo abbiamo proposto dall’opposizione e lo faremo al Governo». Meloni contro Big Tech, quindi – chiedendo che non possano in maniera arbitraria decidere cose può rimanere in internet e cosa no – che però, nella vita reale, vorrebbe un trattamento diverso quando la libertà di parola e di espressione viene sfruttata per andarle contro.


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Meloni contro Big Tech fa leva su un tema caldo per le elezioni

Meloni parla dell’era dei social network come quella in cui «è stato messo sotto attacco uno dei diritti basilari di ogni stato democratico, che è la libertà di parola», come legge a favore di camera. Si rivolge direttamente agli elettori – evidenziando un’ottima capacità del suo staff di comunicazione di produrre i contenuti giusti al momento giusto, a pochi giorni dalle elezioni, esponendosi in merito a un cruccio che in molti hanno: la gestione dei nostri dati e il potere di bloccare determinati tipi di contenuti ognuno in base alle proprie policy  -:  «Vedete, se si comunica con i mezzi convenzionali vigono delle regole precise che garantiscono la libera manifestazione del pensiero, quasi sempre, così come imposto dall’articolo 21 Costituzione, quindi nessuno – purché non si eccedano determinati limiti – può essere arbitrariamente censurato».

«Sui social no – continua Meloni – basta un click, e ti silenziano. L’oligopolio delle Big Tech, che ha le proprietà delle piattaforme, fissa le cosiddette regole di policy, ossia ti dice quali contenuti sono ammissibili e quali no su quei social network. E se ci si discosta da quei criteri, si può essere cancellati senza possibilità di appello (un riferimento palese a ciò che è accaduto, per esempio, a Donald Trump n.d.R)». Facendo riferimento ai «diktat dei padroni delle piattaforme che si arrogano il diritti di dire ciò che è giusto e ciò che non lo è», Meloni fa poi riferimento a una proposta di legge di FdI che mira a «imporre ai proprietari dei social media la massima trasparenza nella gestione dei dati e delle informazioni e il pieno rispetto del diritto di libera manifestazione del pensiero». Invoca, infine, le stesse regole e le stesse limitazione che esistono per gli altri mezzi.

«Per noi la libertà di parola è un principio fondamentale» (quando è a suo favore)

Termina con questa frase, il video di Giorgia Meloni, che però sembra fare differenza tra la libertà di parola sul web e quella nella vita reale. Libertà di parola che, per esempio, si sono presi i manifestanti che – a Caserta – si sono presentati a un suo comizio esponendo cartelli graficamente identici a quelli di FdI ma con slogan del tutto opposti. Una manifestazione del tutto pacifica le cui immagini sono diventate virali sui social ma che Meloni stessa, mentre si teneva, ha contestato aspramente.

«È il sesto comizio che faccio e ci sono ancora contestatori che provocano – ha affermato sul palco mentre i manifestanti esponevano i cartelli -.  Stasera chiamerò di nuovo il ministro dell’Interno Lamorgese, che evidentemente non sa fare il suo lavoro. Perché le altre volte si poteva parlare di incompetenza, ma ora penso sia una cosa fatta apposta. Si sta cercando l’incidente».

La libertà di parola esercitata in una sua piazza, quindi, è provocazione e complotto, qualcosa di creato ad arte per provocare i suoi e far sì che ci siano disordini a un suo comizio. La libertà di parola esercitata da lei e da chi è di destra social network –  creando contenuti che più di una volta hanno violato le regole di incitamento all’odio o che hanno incitato al fascismo sfruttando quei mezzi (proprio in questi giorni la memoria social ha riportato alla luce vecchi post di Calogero Pisano, candidato candidato alla Camera dei deputati nel seggio uninominale di Agrigento, in cui inneggiava a Hitler e per cui il partito lo ha sospeso) – dovrebbe configurarsi, invece, come libertà di espressione a prescindere.

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