Gli 80 anni dalla morte di Trotsky: «Vittima di fake news, ma la serie su Netflix può essere positiva»

Il dialogo con Marco Ferrando

22/08/2020 di Gianmichele Laino

C’è un anniversario a cifra tonda che non è stato ricordato dagli ambienti mainstream. Una prassi consolidata quando si parla della figura di Lev Trotsky, morto assassinato il 21 agosto 1940, 80 anni fa. Eppure, una riflessione più approfondita sarebbe quantomai necessaria in un momento storico in cui – si veda il caso dell’Argentina – alcuni movimenti trotzkisti stanno tornando ad avere una rappresentanza istituzionale e in una fase di profonda crisi del capitalismo globale, causata dall’emergenza sanitaria, che si è andata a innestare sull’altrettanto grave crisi economica di dieci anni fa.

LEGGI ANCHE > Marco Ferrando tra fake news e migranti: «La rappresentazione supera la realtà»

Gli 80 anni dalla morte di Lev Trotsky secondo Marco Ferrando

Marco Ferrando, che da sempre si batte per il recupero della verità storica su Trotsky, ha evidenziato alcuni punti chiave relativi a un personaggio che è stato marginalizzato prima dall’interno (in seguito alla stalinizzazione dei partiti comunisti europei) e poi, a maggior ragione, dall’esterno. Ferrando, che (oltre alla sua attività politica) ha una lunga esperienza di docente di storia e filosofia nei licei, ha potuto analizzare come sia cambiato, nel corso del tempo, l’impatto di Trotsky sulle nuove generazioni.

«Negli anni Sessanta e Settanta – afferma ai microfoni di Giornalettismo – c’è stato un grande interesse da parte dei giovanissimi, anche a livello internazionale. Ma anche in quel caso, la prevalenza dello stalinismo nei partiti comunisti ha parzialmente soffocato questo movimento critico. Movimento che, paradossalmente, dopo il crollo del muro di Berlino è tornato a suscitare interesse soprattutto nelle avanguardie. Oggi, i giovani tendono a recuperare il ruolo culturale di Trotsky, in una sorta di nuovo romanticismo eroico. Indirettamente, anche il grande successo che sta ottenendo tra i giovani una figura come quella di Frida Kahlo contribuisce al recupero di Trotsky come studioso di arte e di letteratura, in contrapposizione al cosiddetto realismo socialista degli stalinisti».

L’elenco di tutte le fake news su Lev Trotsky

Un fattore che ha senz’altro contribuito alle mistificazioni su Trotsky è la sua grande esposizione alle fake news. Un caso emblematico di come le deviazioni costruite della storia possano effettivamente influenzare la storiografia, anche quella più recente che pure avrebbe maggiori strumenti a disposizione per contrastarle: «L’elenco è lunghissimo: Trotsky, di volta in volta, veniva indicato come l’agente russo dei protocolli di Sion, quello dell’impero austro-ungarico per l’annessione della Russia alla Germania, il tessitore di una rete anti-rivoluzionaria che facesse il gioco dei potenti. Veniva indicato come un agente Usa quando, invece, ne prevedeva l’ascesa in campo economico e politico. Quando si schierò contro l’equazione staliniana tra socialdemocrazia e fascismo, venne additato di essere un agente dell’imperialismo britannico. Ma la più grande calunnia resta quella in cui veniva dipinto come agente di Hitler. Venne ucciso qualche tempo dopo che Stalin, che aveva contribuito alla diffusione di questa stessa calunnia, aveva firmato il patto di non aggressione con la Germania nazista».

Lev Trotsky nella critica contemporanea e il caso della serie tv su Netflix

Un insieme di elementi che sono stati presi in considerazione dalla recente serie tv del 2017 (Trotsky, appunto) che anche Netflix ha scelto di mettere a disposizione sulla sua piattaforma. «Non si può certo pretendere una esatta attendibilità storica – commenta Marco Ferrando -, ma la scelta di Netflix è stata significativa. Certo, l’azienda ragiona sempre nell’ottica del mercato: ma ciò significa che è stato intuito che la ricostruzione intorno a una figura reietta potesse suscitare interesse. Al di là della rappresentazione macchiettista, ogni forma di popolarizzazione può essere considerata positiva».

Gli 80 anni dalla morte di Trotsky sono anche l’occasione per avviare una riflessione sul bivio della storia che ne ha causato l’ostracismo: «Dello stalinismo, Trotsky è stato la principale vittima, ma anche il più grande analista. È stato in questa fase che abbiamo assistito alla distruzione della libertà interna al partito, del soviet e dell’internazionale socialista che ha portato a una repressione delle idee e degli uomini. Ovviamente, anche lo sviluppo del capitalismo – nel trentennio successivo alla guerra – ha avuto il suo ruolo. Ma oggi lo stalinismo è crollato e anche il capitalismo è in crisi. E Trotsky non è solo una figura isolata, ma la linea di continuità per una rivoluzione anticapitalista».

Share this article