Perché il Copasir sta indagando sui pericoli di TikTok

Dal ban negli Stati Uniti alle accuse (con "confessione" di spionaggio). Ma non è la prima volta che il Comitato per la Sicurezza della Repubblica accende un faro sull'app di Bytedance

12/01/2023 di Enzo Boldi

Indicazioni che arrivano da lontano e che, nel corso degli anni, sono finite più volte sotto l’occhio di bue. Ora, però, sembra che l’indagine del Copasir sui rischi di sicurezza nazionale in merito all’utilizzo della piattaforma social TikTok sembra aver compiuto un passo decisivo. Il fulcro della questione – almeno nelle poche dichiarazioni ufficiali trapelate dai nuovi componenti del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica – non è solamente la vicenda dello spionaggio subito da alcuni giornalisti americani, ma anche i rischi di infiltrazione dell’app mobile. Come segnalato da anni dall’intelligence statunitense.

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Il punto di partenza, sollevato di recente anche in Europa, è il tema del trasferimento dei dati degli utenti verso Paesi terzi (in questo caso la Cina, dove ha la sede legale e fiscale ByteDance, la società madre che controlla il social network amato dalla Gen Z) e il controllo degli spostamenti di chi è iscritto alla piattaforma. Per ora, occorre sottolineato (come spiegato dal quotidiano La Repubblica che per primo ha parlato dell’indagine Copasir su TikTok), si tratta di una indagine conoscitiva con un obiettivo ben preciso: cercare di evitare – magari anche con l’aiuto dell’Unione Europea, facendo anche sponda sul recente ban americano – la riproposizione di un caso Cambridge Analytica.

Indagine Copasir su TikTok, cosa sta succedendo

E l’Italia, così come gli altri Paesi europei, potrebbero fare sponda anche sul Digital Service Act (DSA), approvato proprio un anno fa dal Parlamento UE. Il Comitato per la Sicurezza della Repubblica (istituito nel 2007), inoltre, dovrà affrontare anche un argomento di strettissima attualità: l’utilizzo di TikTok da parte dei politici (ce ne sono molti, compresi leader di partito, che sono sbarcati recentemente sull’app di ByteDance, a caccia di consensi elettorali da parte della Gen Z) per fare campagna elettorale. E non solo. Perché esponenti come Matteo Salvini, da anni frequenta attivamente la piattaforma per dialogare con i più giovani e lo fa con lo stesso dispositivo mobile che porta con sé nei suoi spostamenti.

Dunque, il principio di sicurezza nazionale diventa la stella polare che si dovrà inseguire nell’indagine Copasir su TikTok. E non è la prima volta che il Comitato per la Sicurezza della Repubblica accende un faro sull’app mdi ByteDance. Tre anni fa, quando alla guida del governo (composto da M5S e PD) c’era Giuseppe Conte, l’allora Presidente Raffaele Volpi (Lega) rispose alle richieste del Partito Democratico e avviò un procedimento di verifica sull’applicazione dei video brevi. Nel caso specifico si è tentato di «verificare l’uso che il governo della Cina fa dei dati sensibili degli utenti italiani iscritti su TikTok». Da lì, sia l’AISE (Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna) che il DIS (Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza) aprirono un’istruttoria. Poi, solo qualche mese dopo, il Garante della Privacy italiano inviò una lettera al Comitato europeo per la protezione dei dati personali in cui si palesavano tutti i dubbi sulla gestione e il trasferimento dei dati degli utenti iscritti alla piattaforma.

E il governo che fa?

E mentre sta accadendo tutto ciò, i tre principali esponenti dei tre principali partiti che compongono l’attuale governo (compresa la Presidente del Consiglio), continuano a utilizzare TikTok come se nulla fosse. Da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, passando per Silvio Berlusconi. E anche gli scranni digitali delle opposizioni non sono fermi e proseguono nella condivisione di contenuti sul social di ByteDance. E sullo sfondo c’è la posizione dell’esecutivo dopo l’avvio dell’indagine Copasir su TikTok. A parlare è stato il Sottosegretario con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti che, ad AdnKronos ha dichiarato: «Il tema è estremamente importante e richiede approfondimenti e valutazioni trasversali: forse sarebbe il caso, concluso l’eventuale approfondimento ‘nazionale’, portare la questione in sede europea. Possibilmente con qualche proposta risolutiva. Ma ripeto, la questione è delicatissima e l’approccio deve essere ‘olistico’».

(Foto IPP/Felice De Martino)

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