La Cina ha accusato gli Stati Uniti di aver provato a entrare in Huawei

Si tratta di un'accusa che risale a un decennio fa, un evento che - ieri come oggi - prova che sorveglianza e interferenze nell'ambito tech hanno un ruolo fondamentale nelle azioni di contrasto più o meno a viso scoperto tra i Paesi

31/07/2023 di Redazione Giornalettismo

Gli equilibri geopolitici del mondo – come stiamo approfondendo oggi con particolare riferimento alla recente questione del malware cinese che avrebbe messo a repentaglio gli approvvigionamenti dell’esercito Usa – dipendono tanto dagli scontri cyber le cui dinamiche, tante volte, rimangono sotto superficie ma anche dai rapporti commerciali in essere e da quelli negati. Un caso che va avanti da anni è quello tra Stati Uniti e Cina su Huawei, uno dei brand tecnologici cinesi di maggiore potenziale che – dopo un’irruzione sul mercato che l’ha portato in breve tempo ai livelli di colossi come Apple – ha subito un brusco stop fatto di blocchi e sospetti da parte di entrambi i lati. Quello dell’accusa agli Stati Uniti d parte della Cina relativamente allo spionaggio di Huawei è un capitolo della storia che risale a quasi dieci anni fa.

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I documenti di Snowden su Huawei

Ricordare questa storia ci permette di sottolineare, una volta di più, come già da un decennio – e oltre – la sorveglianza cyber giochi un ruolo fondamentale nel sistema dei rapporti tra i Paesi. Una volta trapelati i documenti di Edward Snowden, informatico e attivista statunitense diventato noto per le sue attività di whistleblowing, è emerso come la National Security Agency statunitense avrebbe hackerato i file dell’azienda cinese. Per questa azione – le prove sono state consegnate da Snowden al Der Spiegel e al New York Times – Huawei ha condannato apertamente e pubblicamente la vicenda.

L’Nsa sarebbe quindi riuscita ad accedere ai serve Huawei violando il quartier generale di Shenzen con lo scopo di ottenere informazioni dall’interno spiando i dirigenti dell’azienda. L’operazione di spionaggio ha preso il nome di Shotgiant e avrebbe avuto, come obiettivo primario, quello di trovare dei collegamenti tra Huawei e le forze armate cinesi, ovvero l’Esercito di Liberazione Popolare.

Stando a quanto scritto nei documenti consegnati da Snowden, la Nsa avrebbe installato delle backdoors (si tratta di metodi segreti per bypassare l’autenticazione di un prodotto o un sistema informatico) nelle dotazioni di Huawei così da poter monitorare i dati sul traffico e – eventualmente – sferrare attacchi informatici. All’epoca Huawei aveva rilasciato un comunicato affermando: «Se le azioni descritte nel report sono vere, Huawei esprime la sua condanna per questa infiltrazione nel nostro sistema e nella nostra rete interna. Negli ultimi anni, Huawei non è riuscita ne’ ad esportare ne’ ad acquistare i suoi prodotti negli Usa proprio per i timori americani che attività simili potessero permettere al governo cinese l’accesso alle reti di telecomunicazione statunitensi. Se le recenti informazioni diffuse dal Der Spiegel e dal Nyt corrispondessero al vero, sarebbe sorprendente l’eventuale interesse dell’Nsa per i prodotti Huawei, come sarebbe assai ironico che le uniche backdoors installate nelle dotazioni Huawei siano quelle presumibilmente inserite dagli americani, cioè gli ‘accusatori’. Rinnoviamo la nostra contrarietà a qualunque attività che minacci la sicurezza delle reti e ci dichiariamo disponibili a collaborare con tutti i governi, i portatori d’interessi e i clienti, in modo trasparente e aperto, per affrontare insieme la sfida globale della sicurezza delle reti».

La lotta sul campo aziendale e informatico – con azioni, controazioni e interventi di diplomazia tecnologica – viene fatta da ambo i lati e alimenta continuamente la tensione già da diversi anni.

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