I giornalisti italiani che non ce la fanno ad accettare la condanna a un 1 anno e 6 mesi al molestatore di Greta Beccaglia

Si è scatenato una sorta di dibattito intorno alla sentenza seguita al rito abbreviato per l'inviata di Toscana TV per la trasmissione sportiva dell'emittente

22/12/2022 di Redazione

Sembrerà strano, ma ci sono giornalisti che proprio non ce la fanno ad accettare la sentenza, in seguito a rito abbreviato, contro il molestatore di Greta Beccaglia, l’inviata di Toscana Tv che lo scorso anno, davanti allo stadio Castellani di Empoli, fu colpita da una pacca sul sedere – mentre era in diretta – assestata da un tifoso. L’uomo in questione è stato condannato a un anno e sei mesi per il gesto e il gip ha disposto anche tutta un’altra serie di sanzioni: il risarcimento per danni morali e materiali per l’inviata e un indennizzo di 10mila euro per l’Ordine dei giornalisti della Toscana e per l’Associazione stampa Toscana, entrambi costituitesi parti civili all’interno del processo.

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Giornalisti e Greta Beccaglia, perché ce ne sono alcuni che proprio non l’accettano

La notizia dovrebbe essere positiva per un giornalista. Innanzitutto per solidarietà nei confronti di un’inviata che è stata colpita proprio mentre stava svolgendo il proprio lavoro. Poi perché – nei fatti – la sentenza rappresenta inevitabilmente una tutela, una protezione per la categoria tutta, come dimostrano anche i risarcimenti disposti nei confronti dell’Ordine dei giornalisti della Toscana e dell’Associazione Stampa Toscana. Invece, le voci fuori dal coro si sono moltiplicate nelle ultime ore. Voci fuori dal coro che, in qualche modo, hanno legittimato anche le tante persone che hanno scritto – in pubblico e in privato – degli insulti nei confronti della stessa Greta Beccaglia, che non ha perso occasione per mostrarli pubblicamente attraverso i suoi canali social.

L’editoriale di Filippo Facci, su Libero, spiega che una maggioranza giudica abnorme la decisione dei giudici per la condanna all’uomo che ha palpato il sedere a Greta Beccaglia davanti allo stadio Castellani di Empoli e non manca di sottolineare che, di questa vicenda, resterà: «un padre di famiglia rovinato, una tragedia prettamente giornalistica, la piccola rivalsa sociale di una giornalista vestita da pin up e, personalmente, la sospensione da un social network per victim blaming».

Ma non mancano nemmeno altri tweet, come questo di un giornalista di Radio Radio:

Insomma, non sembra esserci volontà di accettare né il fatto compiuto, né una sentenza. Alcune cose, nel mondo del giornalismo, si trasformano sempre più spesso in asticelle da alzare per portare sempre più in avanti l’attenzione verso se stessi. Mancando, ancora una volta, l’occasione per analizzare le cose basandosi esclusivamente sui dati a disposizione, senza per forza aggiungerci l’opinione presentata come scomoda e che, invece, non fa altro che scontrarsi con l’attualità.

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