Perché il Dipartimento di Giustizia USA sta per citare in giudizio (nuovamente) Google
Era già accaduto nel 2020, per un motivo pressoché analogo: si parla sempre del sistema di pubblicità digitale che impedirebbe la concorrenza
11/08/2022 di Enzo Boldi
Problemi di concorrenza (impedita agli altri competitor che non hanno la possibilità di essere in prima fila). Ancora una volta, la seconda nel giro di due anni, Google finisce nel mirino del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per quel che riguarda l’antitrust. Secondo i pubblici ministeri, infatti, Alphabet Inc. aveva, ha e continua ad avere una posizione dominante nel mercato della pubblicità digitale, attraverso un sistema che non permette ad altri non solo di competer ma anche di proporre i propri sistemi agli editori (perché di questo si sta parlando) e offrire loro alternative.
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L’indiscrezione su questa imminente citazione in giudizio (che potrebbe aprire una nuova causa già nel mese di settembre) di Google è stata riportata da Bloomberg che già in passato aveva annunciato quel che sarebbe avvenuto due anni fa. Perché l’azienda Big Tech non è nuova a citazioni di questo tipo. Era il 2020, infatti, quando la stessa Corte di Giustizia degli Stati Uniti aveva intentato una causa contro la società di Mountain View per il suo monopolio nelle ricerche online. E, dunque, di conseguenza anche sugli introiti provenienti dai correlati pubblicitari.
Google rischia una nuova causa per il dominio sulla pubblicità
La macchia d’olio, dunque, si sta allargando sotto i piedi dell’azienda Big Tech. E quel che a breve potrebbe accadere (di nuovo) a Google è figlio di un lavoro di indagine che prosegue da anni e che, già nel recente passato, ha portato il sistema Antitrust americano a muovere accuse analoghe (ovviamente declinate in modo differente in base al core-business di ogni singola azienda) ad Apple e Meta. E l’accusa nei confronti dell’azienda che fa parte della holding Alphabet Inc. è molto grave: abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità digitale. Insomma, tutto (più o meno) sarebbero praticamente vincolati ad affidarsi ai sistemi “offerti” da Google.
Il caso del 2020
E tutto ciò sarà discusso, come spiegato da Bloomberg, nel giro delle prossime settimane quando sarà inviata la citazione in giudizio ufficiale all’azienda. Una vicenda che ci riporta a riannodare i fili dei ricordi. Era il 2020, infatti, quando un casus belli portò lo stesso Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti a intentare la prima causa contro il colosso di Mountain View. All’epoca dei fatti, la pietra dello scandalo era rappresentata da una questione tecnica che aveva inevitabili conseguenze anche sulla possibilità delle altre aziende di entrare a far parte del mercato: obbligare i produttore di smartphone con sistema operativo Android a installare come motore di ricerca predefinito proprio Google. Insomma, l’utente-consumatore si ritrovava sul proprio device quell’applicazione e dunque, anche per comodità, era condizionato a utilizzarla senza dare spazio ad altri.