I pm non trovano la delibera della Regione sulla donazione di camici della ditta del cognato di Fontana

I pm dicono che nessun atto ufficiale ha mai registrato la trasformazione del contratto da vendita a donazione dei 75mila camici della Dama spa, la società del cognato del governatore Attilio Fontana, alla regione Lombardia.

Secondo le indagini, in poche parole, la delibera con la quale la regione ha accettato la trasformazione in «donazione», non esiste.

Lo scorso 20 maggio, in seguito ad un servizio della trasmissione «Report» sulla vicenda in cui erano stati interpellati sia il governatore della Lombardia che il cognato Andrea Dini, l’ultimo aveva comunicato la donazione in una mail dalla Dama spa alla regione.

La mail, a cui Filippo Bongiovanni aveva risposto con un riscontro di ricezione e un grazie di cortesia, però, non è ovviamente valevole come cambiamento formale del rapporto commerciale. In base ai nuovi sviluppi, quindi, sembrerebbe valida l’ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture, per cui sono indagati Fontana, Dini e Bongiovanni, il direttore della centrale acquisti della regione, Aria spa.

Si ritorna quindi al contratto del 16 aprile, in cui Dini, e nessuno in regione, rivela di essere il fratello della moglie di Fontana.

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Le indagini contro il governatore della Regione lombardia Attilio Fontana

Il presidente della Regione Lombardia è indagato nell’inchiesta aperta dalla procura di Milano sulla fornitura dei camici del valore di mezzo milione di euro affidata da Aria, la centrale acquisti della Regione, alla Dama, la società del cognato di Fontana, Andrea Dini. Fin dalle prime fasi delle indagini gli inquirenti hanno cercato di chiarire se il governatore lombardo avesse avuto o meno un ruolo attivo nel trasformare la fornitura da vendita in donazione alla luce del conflitto di interessi. Vengono escluse invece, per il momento, eventuali responsabilità della moglie di Fontana, Roberta Dini, che possiede il 10% delle quote di Dama.

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