La grande questione dei filtri anti-porno sui cellulari imposti per legge

C'è qualcosa che si muove in Utah, ma la sensazione è che sia soltanto un venticello fresco

22/03/2021 di Gianmichele Laino

Doveva essere un tornado, invece è un venticello fresco. Il filtro anti-pornografia imposto per legge ai dispositivi mobili rappresenta ancora un orizzonte troppo distante da raggiungere. Eppure, se ne parla nello Utah, lo stato americano dove si sta mettendo sul tavolo un provvedimento che il governatore Spencer Cox potrebbe firmare entro il 25 marzo: secondo questa legge, tutti i dispositivi mobili dovrebbero impostare in maniera preliminare un filtro che impedisca la visione di materiali sessualmente sensibili, potenzialmente dannosi per i minori.

LEGGI ANCHE > Federica, 16 anni, vittima di revenge porn: «Screenshot di un mio video su TikTok modificato e messo su Telegram»

Filtro anti-pornografia in Utah: cambierà davvero qualcosa?

Capite bene la portata di un provvedimento del genere, se immediatamente operativo. Tuttavia, vi abbiamo parlato sin dall’inizio di un venticello fresco. Perché da qui all’effettiva approvazione della legge, c’è ancora molta strada da fare. Essendo un argomento estremamente dibattuto, che ha visto intervenire in campo persino associazioni ed enti che difendono il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti e che, pertanto, ritengono che il filtro sia un limite insormontabile per la libertà di espressione, anche la legge è stata mitigata da mille punti che la renderanno molto difficilmente attuabile. A meno che non avvenga una vera e propria rivoluzione culturale.

Secondo la legge, tutti i produttori di dispositivi elettronici nello Utah dovrebbero impostare automaticamente il filtro anti-pornografia, fornendo agli acquirenti un codice di sblocco (questo permetterebbe ai fruitori consapevoli di poter continuare a fare tutto quello che vogliono, ma rappresenta comunque una protezione in più per i minori con accesso a quegli stessi dispositivi). La legge parte da una considerazione: sia Apple, sia Google hanno nei propri sistemi operativi un filtro anti-pornografia, ma la sua attivazione sarebbe eccessivamente complessa, soprattutto per gli utenti medi. Da qui l’esigenza di impostare questo filtro come opzione predefinita.

Il dilemma dello Utah

L’eventuale mancata applicazione di questo filtro comporterebbe una multa di 10 dollari per ogni violazione accertata. Ma la legge, nonostante la valutazione positiva del governatore dello Utah, non entrerà in vigore se prima non verranno approvati provvedimenti analoghi in altri cinque stati entro il 2031. Che è anche la data ultima per la decadenza della legge nello Utah.

Possibile, dunque, che la legge ci sarà ma non verrà mai applicata. Una situazione paradossale che si inserisce, però, in quello che è uno dei dilemmi etici dell’epoca digitale: è mai possibile porre un limite alla pornografia online che possa essere realmente efficace per tutelare i minori? E se fosse davvero possibile, siamo sicuri che ciò non venga fatto passare per censura. Proprio per questo motivo, quindi, lo Utah – pur ponendosi il problema per primo tra gli stati americani – ha trovato l’espediente per rimandare il più possibile un’applicazione del genere. Senza contare che, per molti, una legge di questo tipo non farebbe altro che replicare – circa 25 anni dopo – il Communications Decency Act, che la Corte Suprema aveva bocciato nel 1997.

Share this article