Le decisioni di Meta sviliscono i discorsi (e le leggi) sull’equo compenso

Ci sono norme, c'erano trattative e ricorsi vari. Se Facebook cancellasse il settore "News" dalla piattaforma, andrebbero persi anni di battaglie legittime

11/03/2024 di Enzo Boldi

La trovata di Meta fa rima con “furbata”. Cancellando (come accadrà negli Stati Uniti e in Australia a partire dal mese di aprile, e come già successo in Francia, Regno Unito e Germania) Facebook News, saltano tutti gli accordi (che arriveranno a scadenza, senza essere rinnovati) con gli editori. E non ce ne saranno di nuovi. Questa decisione ci fa tornare prontamente in Italia, dove è ancora in corso una diatriba (legale) tra la holding di Zuckerberg e Agcom sul Regolamento che definisce il cosiddetto “equo compenso” per gli editori e per i giornali che utilizzano le piattaforme per pubblicare (anche lì) i loro contenuti giornalistici. L’equazione tra le decisioni di Menlo Park e il balletto dei ricorsi in Italia può portare a un solo risultato.

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Solo qualche settimana fa, abbiamo parlato del limbo in cui sta vivendo il Regolamento Agcom che – per sintetizzare – va a normare i princìpi dell’equo compenso per gli editori e i giornali per la condivisione dei contenuti sulle piattaforme social. Abbiamo spiegato come questa (ennesima) fase di stallo fosse figlia di una “furbata” da parte di Meta: il ricorso al TAR del Lazio e il conseguente – a mo’ di “Fiera dell’Est” – intoppo per via della richiesta di intervento della Corte di Giustizia UE per dirimere la questione dei poteri dell’Autorità italiana. Ed ecco che il disegno della holding di Mark Zuckerberg sta assumendo contorni sempre più decisi.

Equo compenso giornali e la chiusura di Facebook News

Perché “bloccando” l’entrata in vigore di quel Regolamento (che ha recepito la cosiddetta “Direttiva Copyright” dell’Unione Europea), potrebbe ben presto configurarsi – anche in Italia – la cancellazione di Facebook News. E, dunque, salterebbero tutte le trattative (singole) che le varie testate ed editori stavano conducendo per arrivare a dirimere la questione dell’equo compenso. Anche perché, come si evince nel comunicato in cui si annuncia la cessazione del “servizio” negli Stati Uniti e in Australia (come successo qualche mese prima anche in Germania, Regno Unito e Francia), la missione sembra essere globale:

«Anche se ritireremo Facebook News in questi paesi, questo annuncio non influirà sui termini previsti dai nostri accordi Facebook News esistenti con gli editori in Australia, Francia e Germania. Questi accordi sono già scaduti negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Inoltre, per garantire di continuare a investire in prodotti e servizi che stimolano il coinvolgimento degli utenti, non stipuleremo nuovi accordi commerciali per i contenuti di notizie tradizionali in questi paesi e in futuro non offriremo nuovi prodotti Facebook specifici per gli editori di notizie». 

Ed ecco qui il colpo di teatro. Se non esisterà più Facebook News, non esistono accordi commerciali con gli editori. Se non esiste Facebook News, non ci saranno nuovi accordi commerciali per i contenuti di notizia. Traduciamolo “in italiano”: se non esiste Facebook, non avrà alcun senso sedersi intorno a un tavolo con gli editori per decidere quanto versare annualmente alle testate. Dunque, non ci sarà nessun equo compenso giornali che pubblicano sulla piattaforma social della holding Meta. Il disegno, dunque, è arrivato alla sua cornice.

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