I capricci di Musk hanno penalizzato le banche che lo hanno aiutato per comprare Twitter

Un prestito totale da 13 miliardi di dollari, di cui buona parte non è stato ceduto ad altri investitori che si sono tirati indietro per via delle prese di posizione dell'imprenditore

27/10/2023 di Enzo Boldi

I danni della gestione di Elon Musk sono anche collaterali. Per ulteriori informazioni, chiedere alle sette banche e istituti di credito che hanno finanziato parte di quei 44 miliardi utilizzati per l’acquisizione (come da accordi, nonostante un lungo braccio di ferro) di Twitter. Perché i dati, a un anno dalla conclusione dell’operazione di acquisto, confermano un aspetto molto problematico: non sono stati trovati investitori pronti ad acquisire parte del debito (come sempre accade). Il motivo? Spaventati dai continui sbalzi decisionali (ma anche per alcune controversie) che vedono come protagonista il “deus ex machina” di X. E si parla di miliardi che, al momento, sono stati bruciati.

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Ovviamente, nessuna delle banche coinvolte è stata “costretta” a partecipare – in termini di finanziamento – all’acquisizione di quel che era Twitter da parte di Elon Musk. Ora, però, stanno pagando le conseguenza anche dei capricci dell’imprenditore di origine sudafricana e le sue prese di posizione che hanno allontanato potenziali investitori che potevano acquistare quota-parte del debito. E più il tempo passa, più sarà difficile trovare altre persone che non saranno “spaventate” dalle montagne russe che si stanno vivendo dentro e fuori la piattaforma.

Elon Musk, i suoi capricci e i debiti delle banche per Twitter

Partiamo dall’inizio. Nonostante sia l’uomo più ricco del mondo, Elon Musk si è rivolto ad alcune importanti banche e istituti di credito per chiedere un finanziamento al fine di ultimare l’acquisizione di Twitter (non solo la piattaforma, ma tutta l’azienda). Dei 44 miliardi investiti, ben 13 sono arrivati da sette banche (con quote diverse): Morgan Stanley, Bank of America, BarclaysMitsubishi UFJ Financial Group (Mufg), Bnp Paribas, Société Générale e Mizuho. A oggi – ricordando come il valore di un’azienda sia variabile e che potrebbe mutare (in positivo, ma anche in negativo) nel corso del tempo – il computo totale delle perdite per questi “attori” è vicino ai 2 miliardi di dollari. Si tratta, ancora, di perdite su carta. Ovvero stando al valore di mercato (a oggi) di X, si parla di un calo del valore pari al 15%. E perché Elon Musk ha responsabilità?

La cessione del “debito”

Come spiega il Wall Street Journal, la prassi usuale vuole che una banca che ha finanziato un’acquisizione scarichi il debito su altri soggetti, in modo da recuperare (immediatamente dopo aver rilasciato il prestito) la quota “investita”. In questo caso, però, le cose sono andate diversamente. Gli istituti di credito non hanno trovato acquirenti/investitori interessati ad acquisire quella porzione di debito. E la colpa è di Elon Musk che con le sue stravaganti battaglie e tentativi di innovazione al limite del paradossale, non ha fatto solo perdere traffico globale sulla piattaforma (e gli investimenti pubblicitari), ma ha anche spinto coloro i quali potevano essere interessati a desistere dall’acquisizione. Dunque, le banche sono state “costrette” a conservare quel debito nella speranza che il valore dell’azienda crescesse. Un’ipotesi che, a oggi, sembra essere molto peregrina.

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