I canali di WhatsApp nella vita di un «digital evangelist». Ne avevamo davvero bisogno?

Una cosa che sembra davvero chiara con l'introduzione dei canali di WhatsApp è il ruolo che questi avranno nelle carriere dei digital evangelist

09/10/2023 di Gianmichele Laino

Se ne parla da tempo, ma non tutti hanno sentito nominare il mestiere del digital evangelist. Si tratta di una professione che sta prendendo piede nel mondo del marketing e che, ovviamente, ha a che fare con gli strumenti digitali che quotidianamente vengono utilizzati: dalle piattaforme social alle app. Ora, con i canali WhatsApp che sono stati recentemente introdotti in Italia, quella del digital evangelist è una professione che si sta arricchendo di una ulteriore declinazione e che può contare su uno strumento ulteriore. Ma vediamo innanzitutto di cosa si tratta e cerchiamo di capire se, alle aziende italiane, questa professione può servire davvero.

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Cos’è la figura del digital evangelist. Ci serve davvero?

La figura del digital evangelist si sta imponendo da qualche anno a questa parte in tutte quelle aziende che hanno intenzione di far circolare il proprio nome. Attraverso queste figure, infatti, si instaura nell’utente una sorta di legame di fiducia con l’azienda che viene rappresentata. E non è detto che questo percorso avvenga internamente rispetto all’azienda stessa: molto spesso, infatti, ci si affida a degli influencer o a dei testimonial che possano in qualche modo mettere in risalto gli aspetti positivi di un marchio e le sue principali declinazioni.

Ci sono alcune aziende storiche che hanno già sviluppato un gruppo di digital evangelist senza investire nemmeno dei soldi per questa missione. Nella fattispecie, si tratta di quei marchi che hanno un legame profondissimo con i loro clienti, un legame tale da ottenere da questi pubblicità gratuita: attraverso la condivisione di un post sui social network, attraverso il passaparola, attraverso il semplice confronto con altri potenziali clienti. Ogni volta, insomma, che consigliamo un prodotto a qualche nostro amico, inconsapevolmente, stiamo svolgendo il ruolo di “evangelist” di quel prodotto. Quando lo facciamo utilizzando i nostri profili social, però, ci trasformiamo in veri e propri “digital evangelist”.

I canali WhatsApp e la figura del digital evangelist

Non ci sono molti brand – in Italia e nel mondo – che si possono permettere questo apporto “gratuito” dei loro utenti lato marketing. Ecco perché è sempre più frequente ingaggiare qualcuno, con un’ampia influenza sui social network, che possa far propri i valori del brand e li possa condividere con la propria community. Dal momento che i canali di WhatsApp sembrano un modo per interfacciarsi in maniera ancor più stretta con le community (che siano community media, che siano community relative a una squadra di calcio o al team di qualsiasi altro sport, che siano community social appunto), ecco che la figura del digital evangelist può avvalersi di questo altro strumento di comunicazione.

Meta – che conosce bene le abitudini del mercato – ha già iniziato a contattare alcune personalità influenti sulle proprie piattaforme social per fare in modo che possano utilizzare questo strumento, con la promessa di grandi vantaggi per gli influencer stessi, magnificando in questo modo la propria attività.

Basterà l’individuazione di sempre nuovi strumenti (e il loro proliferare in una società che si appoggia sempre più spesso al digitale) per guadagnare questa posizione di vantaggio? Meta, mettendo a disposizione i canali di WhatsApp a organizzazioni e personalità influenti, sta ottenendo importanti ritorni in chiave pubblicitaria: dagli enti istituzionali che promuovono cartellonistica nelle città per annunciare la novità (si veda il caso del Comune di Roma), ai grandi siti di news, passando per i content creators. Possibile che tutti si siano trasformati in digital evangelist di Meta in maniera così semplice e ingenua?

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