Perché, per le app di dating, si può parlare di digital body language

Il linguaggio del corpo digitale è quello che gli utenti di app come Hinge cercano di intercettare: dalla sua comprensione dipendono molte relazioni

20/03/2024 di Gianmichele Laino

Uno sguardo, un movimento della mano, una ciocca di capelli che viene spostata. Nelle relazioni offline sono tutti segnali che possono essere interpretati dai partner per comprendere verso che direzione si sta spostando la frequentazione. Il linguaggio del corpo, inoltre, potrebbe essere prodromo fondamentale per capire le reali volontà dei partner e per avviare un discorso legato al consenso. Ma cosa succede quando la relazione non ha una sostanza offline e si consumano, prevalentemente, attraverso una app di dating? Hinge – l’applicazione nata per provare a costruire delle relazioni stabili e che dal 2023 ha conquistato anche il pubblico italiano – ha provato a esaminare i suoi utenti della GenZ per cercare di capire se possano esserci gli estremi per la definizione di un digital body language.

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Digital body language: cos’è e come lo definisce il team di Hinge

In base alla consultazione di una platea di 15mila utenti, Hinge ha potuto verificare la sussistenza delle condizioni per la definizione di linguaggio del corpo digitale: «Sono le emoji, la punteggiatura, la lunghezza dei messaggi e il tempo di risposta. Ovvero, tutti indizi sottili che suggeriscono che una persona è interessata oppure no. Il linguaggio del corpo digitale, però, non sempre è facile da interpretare. Più della metà degli utenti, infatti, dichiara di aver passato del tempo a chiedersi se un partner fosse effettivamente interessato e il 56% ha dichiarato di aver eccessivamente analizzato il DBL di qualcuno».

Ancora una volta, si pone la questione della barriera digitale. È un discorso intuitivo anche per chi non ha mai utilizzato una app di dating, ma – al contrario – utilizza abitualmente chat per comunicare: da WhatsApp a Telegram, passando per le piattaforme di lavoro come Teams o Zoom. A volte un messaggio di testo può essere interpretato in maniera diversa dalle reali intenzioni del suo estensore; a volte una emoji decontestualizzata può creare problemi di comprensione. Per non parlare dei messaggi visualizzati e che hanno una risposta molto tardiva. Le stesse dinamiche sono applicabili anche nelle app di dating, a quanto pare, con un’accezione in più: su queste piattaforme, si parla di relazioni (e non di semplici chiacchierate di lavoro, per intenderci), con l’aggravante di mettere in gioco i propri sentimenti. Che, sempre più spesso, passano attraverso le connessioni digitali.

Il 77% degli utenti su Hinge ha sottolineato che il digital body language può rivelare molto sulle intenzioni di un potenziale partner. Pochi utenti (il 13%) ritengono che il double texting (ovvero la propensione a messaggiare molto frequentemente con qualcuno) possa comportare disagio, ma c’è ancora una buona metà che aspetta un po’ prima di rispondere a un potenziale match, per non sovraccaricarlo eccessivamente di aspettative. In ogni caso, i segnali digitali che più vengono presi in considerazione dagli utenti di Hinge sono l’avvio della conversazione e la persona che, tra le due, fa la prima mossa, la coerenza della conversazione, il tempo di risposta, il tono del messaggio, la sua lunghezza e – soltanto in ultimo, preso in considerazione ormai solo dall’11% degli intervistati – le emoji utilizzate.

Insomma, se messaggiare per primo è un segnale quasi universale di interesse, il fatto di non rispondere immediatamente a una conversazione potrebbe lanciare input contrastanti. I nuovi codici dell’innamoramento passano anche per la lunghezza di un messaggio da inviare a distanza.

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