La differenza tra la gestione della Lombardia (14% di mortalità) e Veneto (3,3%) in due parole

Il coronavirus ha avuto due punti di partenza, quasi contemporanei. La Lombardia e il Veneto. Nella prima regione, tuttavia, il numero di casi è aumentato in maniera esponenziale, così come quello dei decessi con un tasso di mortalità arrivato al 14%. Nella regione guidata da Luca Zaia, invece, la curva è stata contenuta in un tempo relativamente più breve, così come la mortalità che è arrivata soltanto al 3,3%. Evidente che ci siano due modelli differenti di gestione dell’emergenza, che sono stati illustrati dal professore Giorgio Palù, docente di neuroscienze a Philadelphia e presidente della società europea di virologia, in poche parole nel corso di un’intervista al Corriere della Sera.

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Differenze Lombardia-Veneto: perché il contagio si è sviluppato diversamente?

Innanzitutto, occorre ricordare il differente tessuto sociale: in Lombardia, e questo rappresenta un punto a suo sfavore, gli assembramenti all’interno di condomini sono molto più frequenti rispetto al Veneto, dove prevalgono le abitazioni isolate, soprattutto nella zona di Vò Euganeo, la prima a essere raggiunta dal virus. Ma poi le cose si fanno completamente diverse e vanno a investire la gestione della fase critica di emergenza nei suoi primi sviluppi.

«L’errore fatale – ha spiegato Palù – è stato quello di ospedalizzare immediatamente i pazienti di Codogno colpiti dal virus. Occorre comprendere che questo virus è a diffusione ospedaliera. In Lombardia si è agito d’istinto e si sono trasferiti i pazienti nelle strutture ospedaliere, senza che il personale fosse sufficientemente protetto. Da qui la grande diffusione del contagio. In Veneto, invece, è stato fatto un ottimo lavoro dalle Asl e dai medici di base, che sono intervenuti sui casi segnalati. Per questo motivo, i malati sono stati isolati il più possibile. In Veneto è venuto fuori il modello di sanità pubblica, in Lombardia, invece, l’equilibrio e la concorrenza pubblico-privato è stata tra i fattori della gestione dell’epidemia».

Differenze Lombardia-Veneto: nella prima regione le tensioni salgono a galla

Insomma, in Veneto e Lombardia – due regioni guidate da giunte dello stesso colore politico – la risposta è stata diversa proprio grazie a una struttura di base più adatta, nel primo caso, a fronteggiare un virus sconosciuto, contro il quale l’unica arma all’inizio di questo contagio doveva essere l’isolamento.

Intorno a queste spiegazioni si deve leggere l’iniziativa di sette comuni lombardi – tra cui Milano, Bergamo e Brescia – che hanno indirizzato una lettera di protesta al governatore della Lombardia Attilio Fontana. Nella missiva si sono denunciati per la prima volta dall’inizio dell’emergenza (la polemica era stata messa a tacere in nome di una unità politica utile a combattere insieme sul fronte dell’epidemia) presunti ritardi e presunte inadempienze in ambito sanitario. La difficile situazione in Lombardia, che continua ad andare avanti, sembra aver smarrito quella iniziale unità d’intenti che aveva caratterizzato la crisi.

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