L’attacco di Di Battista a Di Maio e «la crisi d’identità del Movimento»

Di Battista e Bugani sono molto duri con la dirigenza Cinque Stelle, sgonfiando gli entusiasmi

22/09/2020 di Ilaria Roncone

C’è ben poco da festeggiare e il movimento deve riorganizzarsi. Queste l’opinione di voci autorevoli tra i Cinque Stelle: Alessandro Di Battista, Massimo Bugani – capo dello staff di Virginia Raggi – attaccano Di Maio e Paola Taverna invoca gli Stati Generali il prima possibile. Di Battista ha definito l’ultima tornata elettorale «la più grande sconfitta nella storia dei 5Stelle» e Bugani ha sottolineato come non ci sia «nulla da festeggiare».

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Di Battista Di Maio: l’accusa a chi guida i 5 Stelle

Sceglie una diretta Facebook per commentare i risultati delle elezioni 2020, Alessandro Di Battista, e ci va giù pesante. «È la più grande sconfitta nella storia del Movimento», ha detto, con il preciso intento di demolire tutti quei dirigenti che hanno tentanto di celebrare la vittoria del Sì al referendum non calcolando la situazione diversa che invece si è registrata alle comunali e alle regionali. Attacco anche a chi insiste nell’allearsi con il Pd: «Sbagliato parlare di alleanze, il tema è la crisi d’identità del Movimento». La stoccata finale per Di Maio arriva con una valutazione della leadership: «Una leadership forte? C’è stata e ha dimezzato i voti alle europee».

Bugani definisce la vittoria del sì «successo degli italiani e non certo dei partiti»

Aspre critiche arrivano anche in mattinata da Massimo Bugani, capo dello staff della sindaca Raggi e nome di spicco del movimento. Un lungo post su Facebook ha chiarito che l’esultanza dei vertici 5 Stelle – secondo lui – non ha senso poiché «non sfugge il tracollo del M5S in ogni tornata elettorale, dalle europee del 2019 ad oggi». Il nome di Di Maio non viene fatto ma a lui vengono addossate una serie di responsabilità precise: «gravi responsabilità in capo a chi da allora non ha mai voluto avviare un momento di riflessione interna, non ha avuto il coraggio di convocare stati generali, non ha minimamente gestito le precedenti regionali in Calabria e in Emilia lasciando i gruppi allo sbando, non ha mai preso alcuna posizione per costruire progetti seri nei territori, ed ha poi deciso di dimettersi non certo dopo aver preso atto del fallimento, ma solo per lasciare una palla avvelenata in mano al suo successore, il quale per forza di cose era un traghettatore ma non aveva la legittimazione per prendere decisioni importanti».

 

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