Lo studio del San Matteo di Pavia che potrebbe consentire a 15mila lombardi di lasciare la quarantena in casa

23/06/2020 di Enzo Boldi

La premessa è d’obbligo, così come la cautela. Una ricerca effettuata dal San Matteo di Pavia sui cosiddetti «debolmente positivi» dovrà essere analizzata nei dettagli prima di una decisione che non sarà solamente sanitaria, ma anche (anzi, soprattutto) politica. Lo studio, basato su un campione di test effettuati nelle ultime settimane, mostra come le persone risultate positive Covid, ma con una bassa carica virale dopo aver superato i sintomi, non sarebbero quasi più contagiose. Si parla di in rischio del 3% che, comunque, non potrà essere sottovalutato quando si dovranno (eventualmente) prendere decisioni differenti rispetto ai protocolli attuali.

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«L’abbiamo scoperto mettendo dei campioni di virus di 280 tamponi in coltura e abbiamo visto che non è più in grado di infettare le cellule – ha dichiarato Fausto Baldanti, virologo del San Matteo di Pavia -, se non per la percentuale minima del 3% dei casi: Nei pazienti che hanno superato i sintomi il virus ha una carica bassa, dunque chi è guarito non è più contagioso». Un risultato che aprirebbe le porte a decisioni mai prese finora. Secondo il protocollo in vigore, infatti, le persone – anche quelle che non presentano più la classica sintomatologia Covid – devono rimanere in isolamento domiciliare (ovviamente riferendosi a tutti coloro i quali non necessitano di cure medico-ospedaliere) all’interno delle proprie abitazioni.

Debolmente positivi, lo studio del San Matteo di Pavia

La teoria, di cui si sta parlando molto in queste settimane, è quella dei debolmente positivi – secondo i risultati dei tamponi – che non sono più in grado di contagiare. Un risultato che permetterebbe, secondo i calcoli, di ‘liberare’ dall’isolamento domiciliare quasi 15mila cittadini lombardi – il campione è stato effettuato su di loro -, permettendo un loro ritorno alla vita quotidiana tra lavoro e interazioni sociali.

Quel 3%

Ora saranno tutti gli esperti del comitato tecnico-scientifico a dover analizzare questa ricerca del San Matteo di Pavia (in collaborazione con il Policlinico di Milano, il Santa Maria delle Scotte di Siena, l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e l’Usl di Piacenza) e valutare se quel 3% di cellule infettate (in laboratorio) sia un dato troppo elevato per riscrivere il protocollo sanitario. Poi toccherà alla politica.

(foto di copertina: da Pixabay)

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